Il Polifonico cambia le notti aretine: musica ed eventi ovunque, la notte dei Viulan

Per la prima volta da anni ai cori si affiancano spazi diversi, con concerti dalla mattina alle 9 fino in piena notte. E il pubblico risponde

I Viulan

I Viulan

Arezzo, 23 agosto 2018 - Infili un corridoio buio, scavalchi una tenda, ti muovi quasi come un naufrago tra i segreti del palazzo della musica. E viaggi in un’altra strana notte del Polifonico

“Abbiamo voluto investire per circondare il concorso dei cori di tante occasioni: perché la buona musica passa da tante strade“. E sono strade che il concorso mai come quest’anno sta sperimentando. Lontane anni luce dalla polifonia, che solo da oggi ritroverà la sua totale centralità. Ma vicine ad una città che a tratti riscopre una varietà di eventi che in questo periodo d’estate ha avuto raramente.

Ricordate il vecchio Polifonico? L’alternativa ai cori erano la scoperta dei popoli lontani, l’attenzione ai costumi, lo spazio al concorso popolare. Ora passa dal jazz, dal rock, dalla musica popolare

E da una moltiplicazione di spazi di spettacolo inedita. San Francesco e il suo sagrato tornano quelli che la geografia urbana avevano ritagliato. E nella sede della Fondazione ecco dietro la tenda a sorpresa un altro pianeta.

Ieri sera oltre il sipario c’era il mondo dei Viulan. E finché non ti ci immergi non lo capisci. Tre artisti in arrivo dall’Appennino modenese. Uno è il fondatore di questo micromondo  a metà tra la ricerca musicale il canto: si chiama Lele Chiodi, è un amico storico di Francesco Guccini.

Ha viaggiato per anni tra paesi e famiglie, ha ripescato i canti della tradizione popolare, se li è fatti cantare dalle loro interpreti di punta, le donne della montagna di Sestola. Con lui Lauro Bernardoni, il «basso più basso del mondo» e Carlo Pagliai, l’ambasciatore del gruppo, una parola per ogni testo, spiegata prima della canzone.

A fianco una struttura tutta aretina: Giorgio Albiani, autore di tutti gli arrangiamenti perfino dei pezzi dei quali l’apparato musicale non è stato ritrovato, e Silvio Trotta, un funambolo degli strumenti, capace di passare da una corda all’altra con gli stessi risultati. Più una nuova giovane spalla, Marco Albiani, alla chitarra contrabbasso.

Nella terrazza si srotolano storie dal sapore antico: si parla di amore, come buona parte della musica, ma coniugata con la vita vera. Castelli, donne comprate a peso, ninne nanne che si allargano come mai era successo in uno spazio della Fondazione.

Siamo all’aperto, l’acustica non sarà il massimo e ogni tanto i bicchieri di quello che è uino spazio anche bar tintinnano o addirittura cadono. Ma non disturbano, sembrano quasi innestarsi perfettamente con pezzi che tra i tavolini, di casa o di un locale, sono nati e cresciuti. E che ritrovano per una notte lo stesso accompagnamento. La musica sale e scende, tra i tavolini e la scala a chiocciola che diventa un piccolo palco per gli spettatori.

La filastrocca dei mesi (chi ancora oggi riesce a separare in musica gennaio da febbraio come loro?), i tormentoni a spirale sugli animale da far impalldire Branduardi. Tutto lì, proprio ai margini di quel Polifonico accusato per anni di essere un concorso di nicchia, adatto solo alle orecche più raffinate.

Lorenzo Donati, che i cori li sa fa cantare come pochi, gongola soddisfatto tra i tavoli e i bicchieri di questo improvvisato angolo di spettacolo. «Da anni sognavamo di spalmare la musica in tutto il centro e in tuitti gli orari». Partono alle 9 di mattina finiscono dopo mezzanotte: missione compiuta. 

«La musica è di due tipi soli: buona o cattiva» spiega dal palco Albiani, docente di conservatorio e innamorato di qualunque contaminazione in musica. 

"E sata fuori il gatto dal gattaro, salta fuori il grillo dal grillaro“. Il gioco e la musica, la musica e il gioco invadono la terrazza: ma sono giochi e musica  non fini a se stessi, è la via di tutti i giorni che attraverso la musica cerca e ritrova se stessa.

La "bella mulinara" reclama il suo angolo di Polifonico. La gente sciama fuori,. Li vedi sbucare dal corridoio buio della Fondazione, non immagini neanche da dove arrivino, perché sono secoli e secoli di tradizione musicale. E non osi pensare dove porti questa strada nella quale il centro prova a cambiare pelle per indossare i panni di città della musica.