"Il mio cinema, le mie sfide": Bellocchio strega il Fedic. "S.Giovanni? La conosco bene"

Il regista racconta scene, la prevalenza degli sguardi sulla parola, la radice delle storie. Poi riceve il Marzocco. "E' un premio importante"

Marco Bellocchio riceve il premio Marzocco

Marco Bellocchio riceve il premio Marzocco

Arezzo, 6 maggio 2017 - "Un film non nasce mai dalla volontà di dimostrare qualcosa. Nasce da un'immagine, un'immagine primaria". Marco Bellocchio ha sul tavolo del cinema Masaccio il Marzocco d'oro ma per un'ora resta lì, in un angolo. E al centro resta il racconto del suo cinema, davanti ad una sala piena e "stretto" dalle domande di Simone Emiliani, il direttore artistico del Fedic, e di Sergio Sozzo, che guida il sito Serntieri Selvaggi

Del suo cinema e della sua sensibilità. "Sono nato pittore". Per questo prima di un film ne sintetizza i passaggi graficamente. Per questo gli sguardi, le espressioni a volte contano più della parola.

"Il primo impatto con il cinema è stato con il cinema muto: unìespèeerienza styraordinariamente formativa". E da quel gusto ecco passare le scene dei suoi film. il volto che si impietrisce e il linguaggio che arretra ne "La bella addormentata". I silenzi improvvisi dei "Pugni in tasca". O la canzone interrottta della mamma in "Fai bei sogni", quando lo spettro della malattia, e insieme di altro, scivola lentamente fino a incrinare il velo di serenità.

Il racconto diventa immagine: le clip di alcuni dei suoi film. Il grido strozzato della protagonista de "I pugni in tasca". "Non avevo immaginato l'impatto che l'uccisione di una madre avrebbe scatenato nel 1965, oggi nessuno ci avrebbe fatto caso".

Bellocchio segue incuriosito le immagini alle sue spalle. "Quando un film è finito non è più un tuo possesso, ci sono passaggi che neanche ricordavo". Ma la sostanza sì, in una carriera che di sicuro non è passata improvvisata.

"Avevo prima cominciato come attore, all'accademia dei filodrammatici: fui ammesso ma poi l'esperienza si interruppe per pronlemi alla voce. Quindi la regia". E quella è diventata la sua vita. "Con il primo film vai in discesa: è il secondo la vera prova del fuoco, per tutti". 

Ma lui è andato ben oltre. E anche ora sta lavorandol al suo prossimo film, su Tommaso Buscetta. A San Giovanni era arrivato a fine pomeriggio. Ma rivela a sorpresa di conoscere già la città. "San Giovanni? E’ la terza volta che la visito, la conosco, si sta bene nella città di Masaccio, è accogliente ed elegante». Ed è orgoglioso del premio. "Un bel riconoscimento e l'occasione di incrociarmi con i giovani".

Il resto lo racconta la sera. Il rapporto a volte un po' travagliato con la critica, specie italiana ("in effetti spesso non sono stato capito"), il legame professionale con Masssimo Fagiooli contestato dalla psichiatria ufficiale, compreso Basaglia ("una strada meritoria ma non esclusiva"), il confronto con la cultura dominante di sinistra, il rapporto tra l'individuo e le strutture di potere che lo circondano. Cinema da raccontare ma soprattutto cinema da vedere. Buio in sala: e parte la proiezione de "La Cina è vicina". Cinquant'anni fa, il secondo film, quello della prova del fuoco