Il Mengo svuota il centro, folla record: e sul palco tornano gli sbandieratori

Il sabato supera le altre serate, il boom intorno ai Zen Circus, che come a Sanremo viaggiano con i virtuosisti delle bandiere. Afflusso continuo, poi la calata ai parcheggi

Gli sbandieratori al Mengo

Gli sbandieratori al Mengo

Arezzo, 14 luglio 2019 - Si inginocchiano sugli amplificatori con la chitarra in mano a mò di croce e davanti agli schermi puntati di centinaia di telefonini impegnati a riprenderli. Per un attimo la musica lanciata a palla sembra frenarsi, mentre gli uomini della sicurezza circondano i due cantanti dei Zen Circus come fossero Obama e la Merkerl privi di protezione.

E' la notte del Prato, la notte che chiude la corsa del Mengo 2019 e che per qualche ora scardina la tradizionale movida. La scardina nelle presenze, perché il resto del centro viaggia ad un cilindro solo, essendo tutti gli occhi e tutti i passi puntati verso il parco.

La scardina nelle direzioni, perché il parcheggio delle scale mobili si affolla subito, quello del cimitero (sul filo non della musica Indie ma di ritmi un po' dark) pure e ai ragazzi non resta che tornare a parcheggiare a chilometri di distanza, coprendo il resto della distanza a piedi.

Gli Zen Circus intanto si scatenano tra la rabbia dei vent'anni, i "vaffa" pionieristici di quando Grillo faceva solo il comico, lo sguardo inorridito sul mondo.

"Una stanza brucia già Urla quanto vuoi ma nessuno se ne accorgerà"

La stanza brucia e il Prato non è da meno: per fortuna sono solo fumogeni ma che per una sera diventano il collante tra il gruppo e il pubblico. Sotto gli occhi preoccupati della sicurezza le distanze si accorciano, le transenne sembrano di gomma. Con Motta era concerto e pubblico, qui è un tutt'uno. "Più fate casino, più facciamo casino" annuncia Appino tanto per fissare le priorità una volta per tutte.

E il casino non manca, anche se organizzato. Gli artisti si alternano ad avanzare verso il pubblico, i cantanti a ricucire i pezzi con le parole. E le parole si adeguano all'ambiente.

A chi è andato a vivere a Londra a Berlino, a Parigi, a Milano o Bologna ma le paure non han fissa dimora

Berlino diventa Arezzo, Arezzo diventa la memoria dei concerti antichi ad Arezzo Wave. Lei, anzi lui, il convitato di pietra del Mengo, perché tutto era nato da lì, da lì erano nati anche alcuni che ora organizzano questo nipotino in salsa quasi rock, lì alcuni gruppi erano nati prima di crescere. Ma resta in una nicchia, come se la storia si fosse spezzata, come del resto si è spezzata davvero.

E speri ancora che qualcuno sia lì fuori ad aspettarti Non per chiederti dei soldi Neanche per derubarti Non per venderti la droga E soffiarti il posto di lavoro Ma per urlarti in faccia Che sei l’unica, sei il solo Sei l’unica, sei il solo Sei l’unica, sei il solo

La canzone di Sanremo chiude il concerto. La gente la canta come le altre, ma a differenza delle altre viene corredata dagli sbandieratori, che come sulla riviera irrompono con le bandiere, il passo marziale e la maschera nera. Anche loro sugli amplificatori, anche loro a due passi dal pubblico, anche loro impegnati a ricucire memoria a memoria, da quella del rock a quella delle tradizioni più nostrane.

Sei l'unica, sei il solo: continuano a ripeterlo Appino & c. e sembra quasi un riconoscimento alla città che li saluta nella serata finale come trionfatori. Nel parco non si passa, l'afflusso resta costante per tutta la serata, gli uomini della sicurezza moltiplicano gli occhi. Una sicurezza dal volto umano, c'è chi ogni tanto porta acqua ai bambini, approfittando di quando i cantanti sono sul palco e gli amplificatori non si trasformano in "altari" moderni.

I fumogeni disegnano un'atmosfera rarefatta, una sorta di vasca multicolore nella quale galleggiano tutti. 

avevi solo vent’anni avevo solo vent’anni avevo solo vent’anni avevo solo vent’anni avevo solo vent’anni avevo solo vent’anni avevo solo vent’anni  

Non li hanno più loro e non li ha una buona parte del pubblico, in testa quella che sa i pezzi a memoria e li canta e li balla come se fossero sul palcoscenico. Chi li ha ancora si divide tra l'ascolto e i selfie, che vent'anni fa non c'erano e non se ne sentiva la mancanza. 

Il tempo passa lo senti da questo orologio Mentre lavori dentro un bar Ad una pressa o in un ufficio

Il tempo passa sì, nella vita e nel parco. La musica viene stoppata prima delle 2, per evitare multe e fregature salate. Spenta la musica, continuano a lavorare gli stand, il banco della birra, quello dei panini con la salsiccia a tre euro e mezzo. Il Mengo saluta, il Prato torna al buio, i ragazzi calano a valle. Forse sperando che "qualcuno sia lì ad aspettarli, a dirgli sei l'unica, sei il solo"