Ribaltone Pd: cade la roccaforte renziana, verso un segretario zingarettiano

I seguaci dell’ex premier passano dall’81% (14 mila voti) del 2017 a poche migliaiia di schede. Il popolo di Renzi resta a casa, alle urne il «popolo» più sinistra

Le primarie nel Pd ad Arezzo

Le primarie nel Pd ad Arezzo

Arezzo, 5 marzo 2019 - Il ritorno della «Ditta». Già, la provincia che fu la Ridotta del renzismo, quella nella quale l’ex premier aveva ottenuto l’81 per cento e 14 mila preferenze anche nella sua ultima corsa alla segreteria, dopo il disastro referendario, della primavera 2017, si colora di Rosso antico e sente palpitare un cuore di sinistra che è assai diverso dal rosè di marca renziana.

Si rivede sotto le insegne di Nicola Zingaretti trionfatore col 64 per cento del voto nell’aretino, quel gruppo dirigente che appena due anno fa era stato stretto all’angolo nel nome di Orlando: Vincenzo Ceccarelli, potente assessore regionale, Massimiliano Dindalini, all’epoca segretario provinciale e ora presidente di Tiemme, Francesco Ruscelli, attuale triumviro nella reggenza della segreteria provinciale, Donella Mattesini, ex senatrice e presidente del partito.

La gioiosa macchina da guerra che fu renziana si squaglia e si frantuma fra i due candidati d’area: Marco Donati e Lucia De Robertis con Martina, Alessandro Caneschi, segretario comunale, con Giachetti, agnostico Matteo Bracciali, l’altro triumiviro provinciale. Ma il risultato è modesto per tutti: un 36 per cento complessivo, che è ben lontano dalle punte delle primarie degli anni d’oro. I 14 mila voti di due anni fa (erano addirittura 28 mila nel 2013, apice delle fortune di Renzi, si rattrappiscono a una manciata di migliaia.

Che legioni di simpatizzanti ex renziani siano stati d’improvviso folgorati sulla strada di Zingaretti? L’impressione è piuttosto che ci sia stato un cambio della guardia nell’afflusso ai seggi, che si riduce comunque di un terzo, anche se nessuno dei nuovi movimenti populisti, o civici, fortissimi nel segreto dell’urna, ha ancora la capacità di mobilitazione aretina che conserva il Pd.

Il popolo di Matteo se ne resta a casa, disinteressato alla «Cosa rossa» che ha in mente Zingaretti, torna fortissima l’ondata dell’anima di sinistra, disamorata negli anni del renzismo imperante fino alla smobilitazione. Tanto per dare un’idea, i cellulari dei giornalisti si intasano dei ripetuti messaggi trionfali di un dirigente di matrice ex Ds che all’epoca dell’ex premier aveva praticamente rinunciato alla politica e che adesso riscopre la passione del partito e di Zingaretti.

Emblematico il risultato di Laterina, il comune di Maria Elena Boschi, vestale renziana ora schierata con Giachetti: ai tempi d’oro il paese era tutto con lei, ora vota Zingaretti al 63 per cento, anche se il preferito dell’ex ministro si arrampica al 30. Bene, ma come si rifletterà tutto ciò sulla politica locale? Dietro l’angolo, dopo le dimissioni dell’ex segretario provinciale Albano Ricci, renziano doc, c’è un nuovo congresso previsto per dopo l’estate. Probabile, a questo punto, che incoroni un leader di matrice zingarettiana.

Chi? E’ ancora presto per dirlo: «Non ci abbiamo pensato», ammette un maggiorente del gruppo vincitore. Ci sarà da scegliere anche un segretario cittadino e la posizione di Caneschi non pare sicurissima. Quanto alle amministrative ormai imminenti, i giochi sono in gran parte fatti, almeno per i candidati sindaci e pare difficile che l’uragano Zingaretti pesi più di tanto sulle scelte.

Semmai potrà servire a dare entusiasmo alla campagna di un Pd in cerca di rivincita dopo le scoppole degli ultimi anni. Si rafforza la posizione di Ceccarelli, il vero king maker aretino tra i fedeli di Zingaretti. Ma lui nega di voler correre a sindaco del capoluogo nel 2020. Un altro nome forte per quella scadenza era il renziano Donati. Certo, il risultato di domenica non gli giova, ma siamo ancora negli spogliatoi del pre-partita.