Pd, il segretario fa autocritica ma regge: no categorici a 5 Stelle e Lega

La direzione riparte stasera con gli interventi dei big ma la posizione di Albano Ricci non sembra in pericolo

Albano Ricci

Albano Ricci

Arezzo, 14 marzo 2018 - Il canovaccio finora è quello delineato dalla vigilia: nella direzione Pd che avrebbe potuto essere della resa dei conti dopo la Caporetto elettorale, regge la diga del segretario provinciale Albano Ricci, di cui nessuno chiede le dimissioni. Attenzione, però, perchè non è ancora finita: i big della sinistra interna non hanno ancora scoperto le loro carte.

Nella prima serata, infatti, non parla nessuno di loro, nè il nume tutelare Vincenzo Ceccarelli, potente assessore regionale, nè i «colonnelli“, dall’ex segretario Massimiliano Dindalini all’ex assessore provinciale Francesco Ruscelli, che pure avevano agitato le acque della vigilia con le loro dichiarazioni non esattamente improntate al «volemose bene».

Ancora, insomma, un pizzico di suspense, pur se l’impressione generale è che nessuno alla fine chiederà la testa di Ricci, nonostante ci fosse lui alla guida del partito nella campagna elettorale della peggiore sconfitta che i democratici ricordino qui in epoca recente. Ed è stato proprio il numero uno provinciale, in carica da pochi mesi, ad aprire il fuoco di fila del dibattito con la sua relazione, nella quale ha apertamente riconosciuto (difficile, d’altronde, sarebbe stato fare diversamente) una debacle «senza se e senza ma».

Abbiamo perso i contatti con l’opinione pubblica in generale e col nostro popolo in particolare, ha spiegato nella relazione-autocritica, non siamo riusciti a farci capire dagli elettori. Dobbiamo recuperare il rapporto con la base e con gli elettori che era tipico dei grandi partiti di massa del passato, dal Pci alla Dc. In uno slancio di orgoglio, Ricci ha detto di essere ancora convinto che il programma con cui il partito si è presentato al voto del 4 marzo fosse ancora il «migliore sulla piazza» e che pure l’azione nazionale del Pd sia stata improntata al sostegno di un «buon governo».

Ma, ammette, non siamo riusciti a farlo percepire alla gente, siamo stati individuati come coloro che facevano calare le soluzioni dall’alto, senza capacità di coinvolgere chi avrebbe dovuto votarci. Col risultato di uno sfondamento massiccio dei 5 stelle e in particolare, in questa provincia, della Lega verso la quale trasmigrati migliaia di elettori del passato. Ma coi due partiti populisti, dice il segretario, non ci possiamo alleare, a Roma staremo all’opposizione. Adesso, è l’aut aut del segretario, basta con le divisioni, basta coi capipolo, basta anche coi capibastone.

O ritroviamo noi stessi o rischiamo di sparire. Primo appuntamento nel voto per i Comuni previsto in tarda primavera. Alle urne comuni piccoli ma simbolici come Capolona, Caprese e Pergine-Laterina, quello di Maria Elena Boschi. Teoricamente, quasi dappertutto, il Pd è in affanno, dovesser essere confermato il risultato del 4 marzo, il partito rischierebbe di perdere quasi ovunque, persino in realtà dove è al governo da sempre.

A seguire gli interventi dei due candidati alle elezioni, Marco Donati, l’ex deputato che è il vero sconfitto e che ha detto di aver pagato anche una legge elettorale solo in apparenza uninominale, e Katia Faleppi, in lizza per onor di firma. Poi il dibattito con i segretari di zona, da Cortona a Sansepolcro, senza che nessuno andasse all’attacco di Ricci.

Stasera la discussione prosegue, ma le previsioni sono per una sinistra che lancia sì qualche strale, ma senza arrivare al punto di mettere in discussione la leadership. Possibile che siano ancora i «colonnelli» a dar fuoco alle polveri, con Ceccarelli che si assume poi il ruolo del mediatore.