Oro, ripresa e paure: export a più 5,5%, Dubai riparte, Hong Kong vola, ansia per gli Usa

La risalita del 2017 si è consolidata a fine anno, gli ultimi segnali sono positivi. L'ombra dei dazi di Trump preoccupa le aziende

L'ingresso della mostra dell'oro

L'ingresso della mostra dell'oro

Arezzo, 5 maggio 2018 - C’è davvero la ripresa di Dubai, la porta del Medio Oriente che pareva chiusa per sempre? E ancora: Hong Kong è destinata a ripetere nel 2018 la performance dello scorso anno che ne ha consolidato il ruolo di secondo mercato di sbocco per l’oro aretino? Le nostre aziende riusciranno di nuovo a schivare le ondate sussultorie nonostante le quali stanno rafforzando la loro presenza nella Turchia del nuovo sultano Erdogan? Sempre a proposito di politica internazionale, quanto pesano le tentazioni neoprotezioniste del presidente americano Donald Trump, che hanno congelato nel 2017 le speranze di crescita dell’export negli Stati Uniti?

In apertura di una mostra come Oro Arezzo, la più importante dell’anno nella capitale dei gioielli, una delle maggiori in Italia dopo quelle di Vicenza, le domande sono sempre più delle risposte. Queste ultime, semmai, verranno dai quattro giorni dentro gli stand del Palaffari. Il clima, tuttavia, senza essere quello euforico dei tempi belli, è almeno relativamente sereno.

La salute dell’oro, dalla quale questa città e il suo distretto dipendono come l’uomo della strada dal raffreddore o dal naso libero, è in leggero miglioramento. L'export chiude il 2017 a più 5,5%, dati di Camera di Commercio e Ubi Banca. La ripresa, finalmente, si sente pure nel settore cardine dell’economia aretina, anche se gli osservatori ritengono che i fasti del passato non torneranno più. E’ finita l’epoca in cui bastava produrre per guadagnare, quella in cui si infilava una macchina per battere catename in ogni sottoscala.

Oggi la realtà dei mercati è infinitamente più difficile, i margini di profitto ridotti all’osso: per essere competitivi a livello mondiale bisogna essere efficienti al massimo, ridurre ogni costo superfluo, accontentarsi di guadagni minimi. E tuttavia in questo quadro perennemente incerto i dati macroeconomici restituiscono segnali positivi. Fra gennaio e settembre 2017 le aziende orafe hanno esportato (il mercato interno continua a latitare) quasi cento milioni in più rispetto all’anno precedente: un miliardo e 413 milioni contro un miliardo e 320 milioni. L’aumento è del 7 per cento, ma tende a crescere nel corso dell’anno: era del 4,9 nel primo trimestre, sale al 5,5 nel secondo, esplode addirittura all’11 nel terzo. Quest’ultimo è un numero quasi da Nord-est degli anni d’oro.

Mancano ancora, invece, le cifre del 2018 in corso, Oro Arezzo serve anche per questo, per dare il polso del real time, di cosa sta succedendo adesso e non nei tempi lunghi delle statistiche. Per tornare a quelle, tuttavia, per quanto la situazione politica del Medio Oriente resti quantomai critica, c’è un forte accenno di risveglio di Dubai. Ancora una volta parlano i numeri: nei primi tre mesi del 2017 le aziende aretine segnano ancora un meno 16,2 negli affari con gli Emirati, la discesa si riduce a un meno 3 nel secondo trimestre per poi invertire il trend nel terzo: uno squillante 16 per cento di aumento che azzera le perdite di inizio anno. Ma a fine anno si registra un nuovo rallentamento

I valori assoluti restano negativi: 443 milioni a fronte di 451 del 2016, ma l’impressione che un lieve cambio di tendenza ci sia stato. Quanto solido è ancora da capire. Nel frattempo gli orafi aretini diversificano per ridurre il rischio. Su Hong Kong innanzitutto che nei soliti nove mesi vede salire il suo export del 26 per punto, con punte iniziali del 40, seguite da un rallentamento nel corso dell’anno. Ma anche sulla Turchia, che scavalcano gli States come terzo mercato mondiale del nostro oro.

Già, negli Usa è veramente un anno di stasi, vissuto pericolosamente nell’attesa di dazi ancora non arrivati. Ma la paura non è finita. La guerra doganale conla Cina non è affatto scongiuurata e l’Europa rischia di andarci di mezzo, specie dopo il fallimento della missione pacificatrice della cancelleriera tedesca Angela Merkel. Difficile pensare che l’oro, nel caso la situazione precipiti, resti un’isola felice.

Gli orafi infatti non lo pensano e già indossano l’elmetto, rallentando gli investimenti. Tutto sommato, i dazi di Trump rischiano fra le principali incognite con cui dovrà fare i conti la fiera che si apre domani.