Oro Arezzo batte ogni record, chiude e ricomincia da tre: verso un terzo evento in città

Non un'altra fiera ma una manifestazione in coda a Gold Italy. Intanto la rassegmna si gode la palpabile ripresa di affari e di ordinativi

Si è chiusa Oro Arezzo

Si è chiusa Oro Arezzo

Arezzo, 9 maggio 2018 - Vedo doppio, anzi vedo triplo. Sì, Oro Arezzo chiude al quarto giorno con numeri così positivi che nell’ambiente corre un’indiscrezione importante: quella di un terzo evento annuale legato ai gioielli. No, non un’altra fiera ma una manifestazione in qualche modo legata a Gold Italy, la seconda campionaria dell’anno, quella che si fa in autunno, un po’ la sorella minore dell’expo che si sta chiudendo ma anch’essa in grande crescita.

Secondo le voci che si inseguono al Palaffari, potrebbe essere un evento specificamente connesso con la valorizzazione dei gioielli aretini. Una specie di terzo tempo dell’oro. Tutto ancora vago, ma contribuisce a dare l’idea del clima di contenuta euforia nel quale Oro Arezzo 2018 va in archivio. I numeri sono migliori di un anno fa: intorno alle 15 mila presenze complessive, con un giro di affari (e soprattutto di ordinativi) in deciso aumento.

Del resto, che la seconda fiera nazionale dell’anno (la prima è quella di Vicenza a gennaio) sia andata al meglio lo riconoscono persino i bastian contrari, quegli operatori e quei dirigenti di categoria che di solito tendono allo scetticismo e che invece stavolta si dicono piacevolmente sorpresi.

E’ un po' l'effetto dell’atmosfera di ripresa che si respira nel mondo dell’oro e che si riflette anche nei padiglioni del Palaffari. Sono migliori le cifre, ma più ancora è diversa (e superiore) la qualità. Ad Arezzo si sono visti operatori e buyers che in passato la fiera orafa la snobbavano, magari in favore delle manifestazioni vicentine. Il fatto che tutti i grandi eventi del settore siano adesso legati alla stessa filiera, quella di Ieg, ha contribuito a far sì che chi frequenta Vicenza si senta in qualche modo incentivato a venire anche al Palaffari.

Sono soprattutto compratori dell’area legata alla convenzione di Vienna sulla libera circolazione dell’oro: in sostanza l’Unione Europea più la Svizzera e la Gran Bretaglia della Brexit. Sono tornati anche russi e affini, polacchi e cechi, uno degli stati che avevano posto il veto sulla convenzione e che poi si sono lasciati convincere.

In termini macroeconomici, la soddisfazione con la quale si chiude Oro Arezzo è legata anche al ruolo di Dubai, principale sbocco di mercato dei gioielli aretini, che aveva accusato una flessione a fine anno dopo la volata nel terzo trimestre 2017 e che adesso pare tornare a correre. Gli Emirati valgono da soli quasi 600 milioni di export e ne valevano molti di più solo qualche anno fa. Se la situazione si schiarisce (l’abolizione del dazio del 5% va in questo senso) è una porta accostata che torna a spalancarsi.

Quanto a Hong Kong, per ora sembra confermarsi sui livelli del 2017, il che significa un export fra i 250 e i 300 milioni. Molti sono semilavorati che finiscono nelle fabbriche cinesi del settore, ma sono comunque affari che si muovono. La Turchia resta il terzo polo, un ponte sia verso il Medio Oriente, in alternativa a Dubai, sia verso le repubbliche ex sovietiche, raggiunte attraverso il Mar Nero.

Gli Stati Uniti, infine. In apparenza l’export aretino non ha avuto il balzo di Vicenza e Valenza, ma i dati forse non dicono tutto. Una parte del nostro oro infatti arriva negli States passando per gli esportatori di Milano e Vicenza: non figura nelle statistiche ufficiali ma è comunque una crescita di fatto. Resta la paura delle rappresaglie doganali del presidente Trump ma intanto business is business. Come a dire che finchè ci sono affari c’è speranza.