Negozi, sfida al "grande freddo": ritirata vetrine ma il terziario vola

E’ ormai il settore trainante: 5000 occupati più negli ultimi dieci anni E si moltiplicano bar e ristoranti L’Ascomlancia stasera gli stati generali al Petrarca.

Commercio

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Arezzo, 11 febbraio 2020 - Nel bicchiere mezzo pieno c’è la nuova pelle dell’economia aretina: il terziario motore non unico ma quasi, cinquemila occupati più negli ultimi dieci anni contro i duemila persi dall’industria. Nel bicchiere mezzo vuoto c’è la crisi del commercio al dettaglio: con una forbice tra chiusure e aperture che nel 2019 va a retromarcia e segna un -430. E che nell’arco di dieci anni vede i negozi tradizionali precipitare dell’otto per cento assoluto.

Un bicchiere, pieno o vuoto che sia, sul quale la Confcommercio oggi appoggia le labbra: è la serata degli Stati Generali, nell’inconsueta sede del Teatro Petrarca. In scena non Ibsen nè tantomeno una commedia: ma il check up di un settore che vede la sofferenza e prova a reagire. E lo fa partendo, come ogni buona febbre, dal «termometro».

Una stima studiata meticolosamente per Ascom da Format Research, che ha incrociato serrande chiuse e aperte, commercio classico e turismo. Scattando una foto fatalmente in movimento. Perché dentro ci sono anche le proiezioni per il 2020, o meglio i «sentiment» degli operatori sull’anno che è iniziato. E segnano un altro calo, almeno da qui alla fine di giugno.

Il quadro? Prima cosa il terziario motore del mondo: da solo copre il 50% delle imprese in senso assoluto e il 60% di tutte quelle extra-agricole. Avevate dei dubbi che il mondo dell’economia aretina fosse cambiato? Toglieteveli, non somiglia neanche più a se stesso. Cinquemila lavoratori in più rispetto a dieci anni fa, mentre l’industria ne ha persi duemila. Non solo: il 66% del valore aggiunto, circa sei miliardi di euro, è dato proprio dal terziario, altro che il 33, 33 e 33 del film di Benigni e Troisi, «Non ci resta che piangere».

Anche perché di piangere qui nessuno ha voglia. «E’ un sistema – spiega il direttore regionale Franco Marinoni – spesso frammentato, che nella dimensione piccola ha la sua croce e la sua delizia: e che non si può affrontare senza conoscenze e strumenti anche finanziari adeguati». E’ uno dei sassolini lanciati in piccionaia: secondo lo studio il rapporto con le banche si è irrigidito.

Un terzo (arieccoci..) dei finanziamenti viene erogato ma un terzo no e un altro terzo sì ma con «assegni« più leggeri delle richieste presentate. E non a caso, ma ne parliamo a fianco, agli stati generali sono invitati tutti, dai vertici nazionali dell’associazione alla Regione al Comune. Tutti al capezzale «double face».

Perché ai dati del turismo, che in dieci ani ha gonfiato in maniera quasi ipertrofica le sue strutture e le sue attività, fa da contraltare una flessione allarmante di negozi. E che nel 2019 hanno avuto un decremento maggiore che nel resto della Toscana. Sullo sfondo di quelle 400 imprese andate in fumo nel corso di dieci anni e che fanno male, un po’ a tutti.

E la crisi dei consumi continua, conferma la presidente di Confcommercio Toscana Anna Lapini. «Non accenna a diminuire, anzi è diventata strutturale, anche perché è nata una nuova coscienza contro gli sprechi, anche se c’è una parte di mondo dove lo sfruttamento è sovrano. Logico che la rete distributiva ne abbia risentito».

Arezzo ha sviluppato paurosamente il passaggio dalla vendita tradizionale al «mangia e bevi» che caratterizza ormai uno schiacciante numero di attività. In un quadro dove il turismo è cresciuto ma resta lontano da buona parte delle altre province: eppure assorbe il 9% di quanti siano occupati in Toscana sul fronte del terziario e dintorni, al quarto posto tra le province della regione.

Lì, all’incrocio tra i due bicchieri, ecco il confronto di stasera: nato per provare per una volta a riempirli entrambi.