Il "risiko" bancario: filiali Ubi sospese tra Intesa e Bper, scelta entro l'anno

36 sportelli ex Bpel e 34 ex Carifi. Incognita centro direzionale. 650 dipendenti da una parte e 350 dall’altra, con sedi che si guardano da vicino quasi in ogni comune

Bpel ammaina le insegne

Bpel ammaina le insegne

Arezzo, 31 luglio 2020 - Si potrebbe cominciare con gli Abba, il famoso complesso secondo il quale «The winner takets it all», cioè il vincitore si prende tutto. Come a dire che Intesa San Paolo, che esce trionfatrice dal braccio di ferro dell’Opa su Ubi Banca, si prende anche la vecchia Etruria, che appena tre anni fa era trasmigrata sotto le insegne del gruppo creditizio bergamasco-bresciano.

Intesa, dunque, diventa padrona anche nella fu Bpel, ma per farne cosa? Si terrà gli sportelli e basta, razionalizzando una rete di vendita piena di sovrapposizioni oppure rivenderà a Bper, la Banca Popolare dell’Emilia Romagna, cui per gli accordi precedenti all’Opa andranno 530 filiali in tutta Italia, in particolare al centronord?

La questione non è esattamente di secondo piano per un istituto bancario, la fu Etruria, che dal 2015 almeno non riesce a ritrovare un briciolo di equilibrio e che credeva di aver riscoperto un abbraccio sicuro in Ubi e ora si riscopre nuovamente preda.

Qualche numero per capire meglio: Ubi Banca ha ereditato ad Arezzo 36 sportelli più il vecchio centro direzionale di via Calamandrei, per un totale di 650 dipendenti, 300 dei quali appunto nel cubo di vetrocemento ex Sacfem e gli altri nelle filiali. Intesa San Paolo è anch’essa presente nel capoluogo e in provincia in maniera capillare: 34 sportelli per 350 dipendenti, quasi tutti distribuiti nelle filiali, grazie alla rete di vendita di quella che fu Cassa di Risparmio di Firenze.

In sostanza, siamo a una presenza delle due banche pressochè speculare, con gli sportelli che si guardano l’un l’altro, spesso anche fisicamente, comune per comune, paese per paese, città per città. Pare evidente che all’occhio di un manager incaricato di risparmiare dall’alto una rete del genere possa sembrare ridondante. Gli effetti, soprattutto per il personale, potrebbero essere pesanti, con l’eliminazione dei doppioni e quindi con la chiusura di molti sportelli.

A meno che....Già, a meno che in partita non entri Bper a rilevare le filiali in eccesso. E’ uno scenario che non si può affatto escludere e che anzi alcuni banchieri esperti del sistema creditizio aretino e in particolare della gestione pre-Ubi ritengono come il più probabile.

Per la banca modenese sarebbe un vecchio amore che ritorna: già in due occasioni il board di Bper aveva trattato l’acquisto di Etruria: prima del commissariamento, quando il presidente dell’epoca Ettore Caselli era arrivato a un passo dall’accordo con l’ultimo Cda di Lorenzo Rosi e Alfredo Berni. Poi c’era stato il ritorno di fiamma del settembre 2017, quando ancora Bper si era candidata all’acquisto delle quattro banche in risoluzione, salvo poi accontentarsi della sola Cassa di Ferrara.

Non è detto dunque che non ci sia una terza fase di innamoramento, che impedirebbe una razionalizzazione pesante della rete di vendita sovrapposta di Ubi e Intesa. Nel caso, però, ci sarebbe un’incognita: che fare del centro direzionale di via Calamandrei? Ubi vi aveva decentrato una parte delle funzioni della sede centrale e comunque della macroarea dell’Italia centrale.

Ma la banca di Modena, più piccola per dimensioni, può permetterselo davvero? Si capirà meglio di qui a fine anno, il termine ultimo per decidere quali filiali vanno a Bper e quali restano in Intesa. Per il sistema bancario aretino sarà un’altra lunga estare calda