Crac Privilege, La Via ai domiciliari: ricevette da Bpel 30 milioni per il mega-yacht

Le accuse sono di bancarotta fraudolenta e vari reati tributari. L'ex Banca Etruria era capofila in un pool di istituti per un prestito di 100 milioni

Lo yacht nel cantiere di Civitavecchia

Lo yacht nel cantiere di Civitavecchia

Arezzo, 28 luglio 2016 - Bancarotta fraudolenta documentale e patrimoniale, reati tributari, violazione di specifica fattispecie contemplata dalla normativa antimafia. Per queste accuse, a seconda delle singole posizioni, sono stati messi agli arresti domiciliari il manager Mario La Via e il suo collaboratore Antonio Battista. Gli imprenditori operavano nel settore della nautica.

La vicenda che ha occupato gli inquirenti è quella che riguarda la società 'Privilege Yard spa' ed il suo fallimento. L'azienda era specializzata nella progettazione e realizzazione di mega yacht di lusso. Le misure cautelari sono state eseguite dai militari del nucleo di polizia tributaria della Guardia di finanza. La Via ha 76 anni e il suo 'braccio destro' ne ha invece 53.

L'operazione ha portato anche al sequestro dell'intero patrimonio immobiliare di 3 società romane, per un valore complessivo di circa 25 milioni di euro, nonché le somme giacenti sui conti correnti bancari del 'dominus' per un valore di oltre 500 mila euro. L'attività investigativa - si spiega - ha permesso di accertare le condotte illecite perpetrate dagli amministratori di fatto e di diritto della società, i quali hanno posto in essere atti distrattivi e dissipativi del patrimonio della società in danno dei creditori per oltre 87 milioni di euro.

All'attenzione degli uomini delle Fiamme gialle sono poi emerse condotte illecite in materia fallimentare, concernenti il ricorso al credito, in due specifiche circostanze, dissimulando lo stato d'insolvenza dell'impresa, in occasione della concessione di un finanziamento per euro 100 milioni, da parte di un pool di istituti di credito la cui capofila era la Banca Popolare dell' Etruria e del Lazio. E' la vicenda, ricorderete,del grande yacht mai completato intorno al quale si muove uno dei filoni di inchiesta per bancarotta portati avanti dalla Procura di Arezzo.

Secondo gli inquirenti una serie di condotte hanno portato ad aggravare lo stato di dissesto della fallita, determinando un passivo fallimentare di oltre 180 milioni di euro costituito, prevalentemente, dai debiti nei confronti delle banche e dei fornitori con i quali sono stati sottoscritti contratti per la realizzazione di un primo natante di lusso di circa 130 metri, del valore di mercato di oltre 340 milioni di euro, apparentemente commissionato da soggetti non identificati attraverso un trust con sede nell'Isola di Man.

E quindi sono state poste in essere movimentazioni di ingenti capitali da e verso Paesi a fiscalità privilegiata, soprattutto attraverso la figura di Mario La Via, risultato praticamente sconosciuto al Fisco italiano. L'anziano professionista è risultato titolare di fatto di tre società intestate a meri prestanome, proprietarie di un ingente patrimonio immobiliare sul territorio nazionale, costituito prevalentemente da immobili di pregio; i principali indagati hanno avuto la disponibilità di fondi e beni mobili/immobili all'estero; malgrado il conclamato stato di dissesto, sono state effettuate delle erogazioni liberali a favore di diversi soggetti, apparentemente non giustificate.

Tra le altre, anche se non si sa ancora se finite all'attenzione della procura di Civitavecchia, ci sono i tanti bonifici in favore di organizzazioni benefiche ecclesiastiche segnalate dal cardinale Tarcisio Bertone, all'epoca segretario di stato vaticano, per un valore approssimativo di circa 700 mila euro in 4 anni, tra il 2008 e il 2012. In particolare, tra La Via e l'entourage del cardinale, soprattutto la segretaria Rosi Bertolassi, si registra una fitta corrispondenza, principalmente via mail, in cui gli ambienti vicini a Bertone chiedono erogazioni, quasi sempre soddisfatte dal manager di Privilege.

All'attenzione degli uomini delle Fiamme gialle sono poi emerse condotte illecite in materia fallimentare, concernenti il ricorso al credito, in due specifiche circostanze, dissimulando lo stato d'insolvenza dell'impresa, in occasione della concessione di un finanziamento per euro 100 milioni, da parte di un pool di istituti di credito la cui capofila era la Banca Popolare dell'Etruria e del Lazio. La banca aretina, secondo la relazione del liquidatore Giuseppe Santoni, ha riportato nell'operazione sofferenze per 30  milioni, di cui 25 già accantonato a perdita.