"Fiera da ripensare": la provocazione di Gianni Gori del gruppo Graziella

Così com'è, spiega l'imprenditore, non attira più i grandi buyers. La paura di una stretta creditizia che gravi sulle piccole aziende

Gianni Gori

Gianni Gori

Arezzo, 22 ottobre 2018 - GUIDA il gruppo Graziella, l’oro è il core business ma la parola d’ordine è stata negli ultimi anni quella della diversificazione, dai pannelli solari, alla geotermia, al turismo. Gianni Gori è insomma un imprenditore a tutto campo e anche le sue parole vanno oltre il piccolo recinto. Partiamo da Gold Italy, come le sembra la fiera? «Come sempre molto ordinata, spazi allestiti bene, logistica impeccabile. L’organizzazione fa il massimo, nulla da dire su questo. Ma sul resto sì».

Si spiegli meglio... «Mi pare che Gold Italy sia ormai diventato un evento di secondo piano in un mercato completamente cambiato dove anche i luoghi assumono una grande importanza». Appuntamento da ripensare? «Probabilmente sì. A mio giudizio servirebbe cambiare l’approccio, non si può andare a riproprorre la roba di sempre quando la stessa fiera di Rimini ci insegna che la frontiera è quella degli accessori. E quando i buyers vanno direttamente a Milano che è la capitale della moda».

Qui mancano i grandi buyers? «Vede, oggi non si parla più di negozi. Il business lo si fa nei grandi department store o sui principali siti dell’e-commerce. Altrimenti siamo scavalcati. Ecco perchè Gold Italy, che rimane comunque una bella manifestazione, fa fatica». Come vede il mercato dell’oro in questo frangente storico? «E’ un periodo difficile perché i principali mercati di riferimento sono stati scossi da crisi senza fine. E’ in difficoltà il Nordafrica, in affanno la Turchia, questi Paesi e tutti quelli dell’Est europeo hanno avuto negli ultimi anni una pesantissima svalutazione della moneta. E se la moneta, si dimezza anche la quantità di oro e gioielli acquistati».

Come si esce da questa situazione? «Strutturando sempre di più le nostre aziende, affidandoci a una dimensione internazionale per essere aggressivi e allo stesso tempo agili, ampliando il panel dei mercati». Non facilita l’incertezza economica... «Anzi, alimenta i problemi per l’accesso al credito, fodamentale per un’impresa». In poche parole, cosa sta succedendo? «C’è il pericolo del credit crunch. Se lo spread aumenta le banche si trovano in pancia titoli svalutati e si vedono costrette a richiedere capitali al mercato. Si abbassano i fidi, ne usufruiscono solo le aziende più grandi ed è un disastro per quelle medio-piccole. Ma non vale solo per l’oro». Pessimista? «No, non lo sono per carattere. Noi aretini abbiamo le risorse per venirne comunque fuori, va protetto il nostro sistemna industriale che appunto nelle piccole e medie imprese trova la sua linfa principale».