Addio Gold Italy ma la Fiera luccica solo a metà: pochi affari, la lamentela generale

Anche la mostra del Palaffari sconta il momento difficile per l'economia. Il bilancio del direttore Adelaide Ruzzi

Gold Italy al Palaffari

Gold Italy al Palaffari

Arezzo, 23 ottobre 2018 - POCHI GUIZZI nella giornata di chiusura di Gold Italy, ma c’era da aspettarselo. La giornata finale di ogni manifestazione orafa è sempre quella un po’ più stanca, a maggior ragione quando arriva a conclusione di una fiera che non pare aver registrato particolari picchi. Lo dicono gli espositori, lo dicono anche gli organizzatori pur rimarcando la riuscita complessiva di una manifestazione contraddistinta dall’eccezionale pregio del prodotto in vetrina. Il guaio è che non può essere Gold Italy a ravvivare un mercato globale che vive al momento di pochi spunti. Buone sono state le presenze, sui livelli della scorsa edizione.Meno buoni gli affari nonostante tra gli stand si siano affacciati buyers provenienti da ogni angolo del mondo.

MA LA FIERA ha scontato da una parte il grande affollamento degli eventi orafi come gli imprenditori non mancano di sottolineare; dall’altra lo scarso entusiasmo dei compratori arabi. Si sa, era Dubai l’hub del Medioriente, ovvero del mercato che maggiori soddisfazioni ha regalato nel tempo agli imprenditori aretini. E si sa pure che da quelle parti si batte in testa, calano gli ordinativi, per dirla con Andrea Boldi «là vendevamo a quintali e oggi vendiamo a chili». Solo parzialmente compensano i segni positivi che pure arrivano da altri mercati ma non basta per chiamarsi fuori dalla crisi che dal 2008 a oggi si è abbattuta sul comparto, nonostante qualche rapida ripresa poi vanificata da ulteriori cadute.

Le difficoltà del momento le conferma pure Adelaide Ruzzi, direttrice di Arezzo Fiere: «Inutile nasconderlo, il momento dei mercati è critico e i problemi su Dubai non accennano a diminuire. Meno male che una risposta positiva l’abbiamo avuta dalla delegazione dei buyers statunitensi che lavorano per le catene dei grandi magazzini: nomi di impatto, basti pensare a Macy’s o anche a Richline. Nel complesso la fiera mi pare andata bene, ho fatto personalmente un giro tra gli espositori e ho respirato un clima di soddisfazione, pur in una contingenza che resta critica».

DA RIMARCARE la presenza al palaffari di stand che hanno rappresentato il meglio della produzione italiana. Nel 50% dei casi si tratta di aziende aretine, ma per l’altra metà si sono registrati arrivi da Vincenza, Valenza, Torre del Greco, Milano. Ancora Ruzzi: «Un espositore milanese mi ha detto che qui c’era la base dell’oreficeria italiana, il punto di partenza di una produzione che si potrà poi personalizzare a seconda delle esigenze del negozio. Insomma, una produzione di alta qualità ma allo stesso tempo agile». L’appuntamento adesso a maggio con la grande fiera e chissà se la congiuntura, adesso complicata dallo spread e dal deprezzamento di molte monete estere, ci potrà dire cose diverse.