Crollo del Pil: un miliardo a rischio, 400 milioni persi in un semestre

Il primo trimestre sotto di 119 milioni, il secondo di 285 nel cuore del lockdown e della ripartenza lenta. Un balzo all'indietro di vent'anni

Un'operaia al lavoro (ImagoE)

Un'operaia al lavoro (ImagoE)

Arezzo, 2 settembre 2020 - E’ come con una sentenza ampiamente annunciata. La condanna te l’aspetti, ma quando arriva è lo stesso una mazzata, anche psicologica. Il verdetto in questo caso è quello dell’Istat, che annuncia un crollo del Pil del 12,7 per cento nel secondo trimestre 2020, in coincidenza quasi totale col periodo del lockdown, ancor peggio delle previsioni dello stesso istituto di statistica, che aveva pronosticato un 12,2.

Cosa vuol dire per Arezzo? I conti si fanno alla svelta: 285 milioni in fumo subito, un miliardo e mezzo di ricchezza distrutta se fosse confermato questo trend, che in chiave annua significa una regressione del 17,7 per cento. Un massacro. Niente di inatteso, però. I mesi considerati, da aprile a giugno, sono stati i più duri, non solo per l’Italia ma anche per l’economia aretina, particolarmente colpita dal blocco delle attività produttive.

I due settori portanti della manifattura locale (la più forte della Toscana in valori pro-capite), i gioielli e la moda, si sono fermati quasi totalmente per circa due mesi: erano comparti voluttuari, di quelli che non rientravano nell’esenzione per continuare la produzione. Idem dicasi per l’immediato dopo-lockdown, nel quale l’oro in particolare ha faticato tantissimo a ripartire e ancora viaggia a tre cilindri, in attesa della ripresa di settembre. Un po’ meglio la moda, ma gli anni d’oro dell’export che volava, soprattutto verso Hong Kong, porta della Cina, del sud-est asiatico e dell’Australia, sono ancora lontani, da ricordare con nostalgia piuttosto che da sperare di emularli. Si salvano solo la meccanica e l’agroalimentare che in gran parte non si sono mai fermati.

Si potrebbe, dunque, ipotizzare che qui la caduta del Pil sia ancora maggiore della media nazionale, ma per capirlo ci vorranno mesi, il tempo perchè vengano elaborate le statistiche provinciali dell’Istat. Intanto, stiamo ai numeri certi. Il Pil aretino del 2019 valeva intorno ai 9 miliardi, il che significa che un trimestre pesa per 2,2 miliardi. Bene, basta applicare la cifra nazionale di crollo per arrivare a 285 milioni che probabilmente sono andati bruciati durante lo stop e la ripartenza che non ripartiva. A quelli va aggiunto il 5,3 per cento che, sempre secondo l’Istat, è andato perduto nel primo trimestre, quello solo parzialmente interessato dal lockdown che comincia alla metà di marzo. Sono altri 119 milioni finiti nella fornace del Covid.

La somma del primo semestre porta dunque a 404 milioni volatilizzati, una cifra enorme. I primi indicatori del terzo trimestre, quello ancora in corso, parrebbero indicare, come dice anche il ministro dell’economia Roberto Gualtieri, una relativa inversione di tendenza: aumenta il gettito fiscale, il che significa che i contribuenti guadagnano, è in crescita anche il lavoro, sia pure insieme alla disoccupazione perchè salgono quelli che un posto lo cercano. Si può ipotizzare dunque un rimbalzo, come si dice in gergo, cioè un ritorno dell’economia aretina in terreno positivo.

Ma ben difficilmente sarà possibile recuperare tutto quanto è andato perduto. Anche dunque a voler essere ottimisti e pensare che alla fine la caduta del prodotto lordo non sarà del miliardo e mezzo che risulterebbe dal trend attuale al meno 17, è arduo ritenere che non si arrivi a sfiorare a fine anno il miliardo di perdita. Sarebbe come tornare indietro di dieci anni, alla grande crisi del 2008 e forse anche più indietro, al Pil dei primi anni duemila. Vent’anni o quasi che è come non fossero mai esistiti.