Premio Pieve: le donne e la politica, l'immigrazione dell'800, i diari che diventano libri

Nella seconda giornata di sabato 15 settembre la presentazione dei progetti editoriali, la tavola rotonda sull'autobiografia che diventa letteratura e la sera lo spettacolo teatrale di Marco Baliani "Kohlhaas"

Marco Baliani

Marco Baliani

Arezzo 15 settembre 2018 - Le donne nella politica e la loro minoranza numerica nelle istituzioni, i diari che diventano libri sempre al centro dell’attenzione delle case editrici, dai testi dell’Archivio dei diari la storia della migrazione italiana tra Ottocento e Novecento, la tavola rotonda sui “franchi narratori” ovvero come la scrittura personale e l’autobiografia, lontane dalle logiche di mercato, possano assumere l’importanza della grande letteratura e infine lo spettacolo dell’attore Marco Baliani “Kohlhaas” ispirato all’opera di von Kleist in scena la sera al Campo alla Fiera.

Questo il programma della seconda giornata del Premio Pieve Saverio Tutino 2018 di sabato 15 settembre a Pieve Santo Stefano dove si sta celebrando il premio dei diari dell’Archivio Nazionale. Un premio dedicato al confronto tra letteratura e scrittura popolare. Sabato 15 settembre alle 18 l’incontro tra quattro firme prestigiose della letteratura contemporanea, Marco Balzano, Paolo Di Paolo, Marcello Fois, Sandra Petrignani, e cinque studiosi e scrittori da sempre vicini alla realtà dell’Archivio come Pietro Clemente, Paola Gallo, Anna Iuso, Melania Mazzucco e Stefano Pivato sui temi dell’autobiografismo. Tutti insieme cercheranno di rispondere a grandi quesiti come che cos’è l’autorialità e perché marca il confine tra le scritture dell’Archivio dei diari e quelle degli scrittori di professione? Come avviene che una scrittura d’autore passi dal campo del privato al pubblico, e quindi alla pubblicazione? Attraverso quali vie l’autobiografismo si fa letteratura? Dove si colloca, nel panorama culturale italiano, la scrittura non colta o semicolta?

Ma la giornata di sabato 15 settembre si apre alle 10 con un incontro sul tema “Rappresentanza e rappresentazioni. Uno sguardo di genere” a cura di Patrizia Gabrielli, con Giulia Cioci e letture di Donatella Allegro. Una analisi del perché la rappresentanza femminile nelle istituzioni sia ancora un numero esiguo a danno di una società equa e giusta. Un tema che è anche una ricerca coordinata dalla stessa Gabrielli che focalizza l’attenzione su come sono stati rappresentati donne politiche e uomini politici dal dopoguerra attraverso documenti, immagini, riviste, manifesti, articoli di giornale nei dairi e nelle memorie custoditi nell’Archivio di Pieve Santo Stefano.

E per i diari che diventano libri, alle 11.30 presentazione del volume Ridotta Isabelle (Terre di mezzo, 2018) nato dall’epistolario di Antonio Cocco vincitore del Premio Pieve 2017, l’incontro coordinato da Laura Ferro vede la partecipazione di Giovanni Cocco, Gianluigi Cortese e Umberto Gentiloni Silveri con letture di Andrea Biagiotti. La storia di un giovane che per paura di un fallimento scolastico tenta l’avventura, scappa di casa, va in Francia e si trova costretto ad arruolarsi nella Legione Straniera dove verrò ucciso in combattimento. Una pagina di storia sul colonialismo e sull’arruolamento forzoso subito da tanti italiani come il giovane Antonio. Alle 16 un’altra pubblicazione dedicata al tema dell’immigrazione otto-novecentesca, con la presentazione in anteprima del volume Abasso di un firmamento sconosciuto (il Mulino, 2018) curato da Amoreno Martellini. L’incontro coordinato da Laura Ferro vedrà la partecipazione di Antonio Gibelli, del regista Emanuele Crialese e di Matteo Caccia per la lettura della “rapsodia dell’emigrante”. Alle 18 la tavola rotonda dedicata ai “Franchi Narratori”.

E la sera alle 21.45 la messa in scena di Kohlhaas, lo spettacolo teatrale di e con Marco Baliani ad ingresso gratuito su prenotazione. “La storia di Kohlhaas - come scrive Baliani - è un fatto di cronaca realmente accaduto nella Germania del 1500, scritto da Heinrich von Kleist in pagine memorabili. Nel mio racconto orale è come se avessi aggiunto allo scheletro osseo riconoscibile della struttura del racconto di Kleist, nervi muscoli e pelle che provengono non più dall’autore originario ma dalla mia esperienza, teatrale e narrativa, dal mio mondo di visioni e di poetica. Così ad esempio tutta la metafora sul cerchio del cuore paragonato al cerchio del recinto dei cavalli, che torna più volte nella narrazione, come luogo simbolico di un senso della giustizia umanissimo e concreto, è una mia invenzione, nel senso etimologico del termine, qualcosa che ho trovato a forza di cercare una mia adesione al racconto di Kleist. Così via via il testo originale si è come andato perdendo e ne nasceva un altro, un work in progress alla prova di spettatori sempre diversi, anno dopo anno, in spazi teatrali e non, secondo un procedimento di crescita che ai miei occhi appare come qualcosa di organico, come mi si formasse tra le mani un organismo vivente sempre più ricco e differenziato. Kohlhaas è la storia di un sopruso che, non risolto attraverso le vie del diritto, genera una spirale di violenze sempre più incontrollabili, ma sempre in nome di un ideale di giustizia naturale e terrena, fino a che il conflitto generatore dell’intera vicenda, cos’è la giustizia e fino a che punto in nome della giustizia si può diventare giustizieri, non si risolve tragicamente lasciando intorno alla figura del protagonista una ambigua aura di possibile eroe del suo tempo. Le domande morali che la vicenda solleva e lascia sospese, mi sembrarono, quando cominciai ad affrontare l’impresa memorabile del racconto, un modo per parlare degli anni ’70, per parlare di quei conflitti in cui venne a trovarsi la mia generazione, quella del ’68, quando in nome di un superiore ideale di giustizia sociale si arrivò a insanguinare piazze e città. Un tema antico dunque, tragico nella tradizione e nella forma, che continua a catturarmi, perché il narratore non può che narrare ciò che epicamente lo coinvolge nell’intera sua persona, a me succede così: non potrei raccontare qualsiasi cosa”.