Dal mozzo dell'800 a una ragazza fragile: Premio Diari, 8 finalisti e due secoli di storia

Ecco gli autori che si contenderanno il riconoscimento del 2018: due guerre mondiali, l'India e la droga. Alla ribalta c'è anche un'aretina, racconta la sfida alla malattia

Il fratello di Antonio Cocco

Il fratello di Antonio Cocco

Arezzo, 24 agosto 2018 - Due secoli separano Luca Pellegrini e Chiara Melandri. Sono il più anziano e la più giovane tra gli otto finalisti del Premio Pieve, il premio dell’Archivio diaristico nazionale di Pieve Santo Stefano, che sceglierà il vincitore domenica 16 settembre a Pieve. Due secoli tra guerre e trincee, il sogno di un viaggio in India, battaglie vinte contro la malattia e perse contro il dolore, di amori e di avventure.

Come nei romanzi, ma tutte storie vere. Aldo Bigalli è un bambino pisano di 11 anni quando comincia a scrivere il suo diario «Soldatini» con la precisione di un giovane cronista. Il limite tra il gioco e la realtà è labile: in casa le navi di sughero, le torpediniere di latta e il cacciatorpediniere fatto con la gomma del clistere; alla radio l’invasione della Polonia e l’Italia che entra in guerra, le SS e le bombe su Pisa che spazzano via l’infanzia.

E’ aretina Cristina Bigazzi, oggi ha 68 anni e il suo diario «L’ospite» è ancora fresco d’inchiostro, datato 2016-2017, come il referto medico che parla di un carcinoma alla mascella. Decide subito la strategia: nessun viaggio della speranza, niente Google, solo il parere dei medici «che mi prenderanno in carico». Un incubo affrontato con lucidità. E sull’ultimo referto datato 20 giugno 2017 un’altra frase ancora fresca di inchiostro: nessuna recidiva.

C’è un'intera famiglia torinese al fronte della Prima Guerra Mondiale, il padre è tenente colonnello, il figlio Giuseppe Lorenzo Mazza detto Pippo, 20 anni, è sottotenente, la madre è crocerossina. In un anno si scambieranno 400 tra lettere e cartoline, una rete fitta fitta per non rompere mai il legame famigliare, fino al 23 luglio 1916 quando Pippo verrà colpito al cuore da una pallottola austriaca.

La più giovane è lei, Chiara Melandri di Faenza, ha solo 17 anni quando scrive il suo diario e ha solo 33 anni quando morirà «senza spiegazioni». Il padre portato via da una malattia, un dolore che fa «impazzire» e una vita allo sbando fra droghe, psicofarmaci, alcol, ospedali, comunità, case famiglia, fino al coma etilico, fino al manicomio senza capire perché. Perché «Nessuno mai pensa che potrei sentirmi sconcertata fonte a un mondo che sceglie la sua cieca ignoranza solo perché è più comodo? No. E allora ok sono pazza».

Dura otto mesi il sogno della veneziana Roberta Pedon, oggi ne ha 66 ma era diciannovenne quando nel 1971 parte da Londra per l’India su una Opel Record. Uno sballo con brusco risveglio, il furto del denaro e dei documenti, l’ambasciata. «Mi sento in trappola» scrive al rientro in Italia.

Un'altra avventura quella di Luca Pellegrini, classe 1806, friulano che dal 1831 al 1850 scrive le sue memoria «Il mare insegna» come mozzo, come naufrago e come capitano. Dal golfo di Trieste arriva a Smirne e a Costantinopoli, naufraga con il Quirino, riparte per l’Africa e il Sud America per raccontare di terre lontane. Un amore d’altri tempi, tra occhiate e proibizioni per la giovane borghese Clementina Ravegnani di Ferrara che conosce il suo bel Chailly in una pista di pattinaggio nella spensieratezza della Belle Epoque.

Ed è invece un diario da clandestino quello di Luciano Sansoni di Venezia, che il 3 dicembre 1943 decide di non presentarsi alla leva della Repubblica Sociale rischiando di essere catturato e ucciso. Fugge, si nasconde, fino all’arrivo a Firenze liberata, con il sangue dei fucilati sui gradini di S.Maria Novella.