"Da mozzo a capitano, che vita": diari di Pieve, avventure e naufragi per mare

Il manoscritto "torna a galla" dopo quasi due secoli e conquista la giuria del premio. "una montagna d’acqua sollevò il naviglio e lo gettò fra i frangenti»

La consegna del premio diari

La consegna del premio diari

Arezzo, 17 settembre 2018 - È il sorriso dell’antico marinaio a stregare la giuria del Premio Diari, il più singolare della stagione letteraria estiva, dedicato com’è da sempre alle autobiografie dei senza storia, ai racconti in presa diretta della gente comune, senza alcuna pretesa di scrittura colta ma spesso con risultati che sfociano nella letteratura autentica. Platea nella quale in questo 2018 si staglia Luca Pellegrini, con il suo Il mare insegna, riemerso da un cassetto a centoventi anni dalla morte dell’autore e a quasi due secoli dalle ventimila leghe lungo i mari che vi vengono narrate, con un piglio che sta a metà fra il gusto dell’avventura di un Verne e l’epica della sfida all’ignoto di un Conrad.

Quello del mozzo diventato per strada capitano di velieri è uno dei diari più antichi che abbiano mai vinto il premio, anzi uno dei più vecchi fra quanti ne sono conservati nell’Archivio Nazionale di Pieve che è ormai una miniera di scritture sempre più esplorata da storici, sociologi, studiosi. Prima ancora che da quanto racconta, la figura di Pellegrini, nato nel 1806 e morto nel 1893, orfano di padre a 16 anni e subito imbarcato come mozzo su una nave che fa il piccolo cabotaggio fra Trieste e Venezia, risorge nella sua concretezza dal ritratto che accompagna il diario: lui in età già avanzata, con la barba lunga di chi ha vissuto molte avventure e l’abito di gala, con tanto di decorazione, che dà conto di un uomo giunto ormai al culmine della maturità.

Non è più il mozzo, appena adolescente, di Palmanova, provincia di Udine, che comincia la sua storia per mare dal gradino più basso e che in soli 14 anni riuscirà ad arrampicarsi fino al ruolo di capitano. Un ragazzo, e poi un uomo, pieno di curiosità, avido di conoscenza del mondo che va via via esplorando per nave, mettendo tutto per iscritto in un diario pignolo ma di stile vivace, col piglio del vero narratore e anche dello scopritore di civiltà, antiche e recenti.

Tutto sarebbe rimasto ignoto, coperto dalla polvere dei secoli, se una delle ultime discendenti di Pellegrini, un’insegnante, non avesse consegnato le carte (scritte con una grafia precisa ed elegante) a Vittorio Calore, il fotografo che l’ha portato fino a Pieve: «Anch’io non ho figli – ha detto nel corso della cerimonia finale – ho ritenuto giunto affidare tutto all’Archivio dei Diari perchè è ormai uno dei luoghi in cui si conserva la memoria nazionale».

Ecco dunque che a distanza di duecento anni tornano alla luce le impressioni del giovane marinaio sulla tappa a Smirne, in Turchia, all’epoca una delle città più vivaci dell’Impero Ottomano: «La più bella, la più amena, la più aggradevole delle città... La gran quantità di europei qui stabiliti esercita sugli abitanti una salutare influenza». Inevitabile il paragone con Costantinopoli, il porto successivo: «A Costantinopoli le donne cominciano a mostrare il naso tutto, a Smirne non se ne vede neppure la punta». Un confronto di civiltà che non stonerebbe nella penna di un osservatore di costume odierno, in tempi di globalizzazione e grandi ondate migratorie.

Ma c'è spazio anche per l’avventura pura, conradiana, quella che Pellegrini vive sul “Quirino”, il veliero col quale fa naufragio nel 1833, al largo delle coste della Bretagna: «Una scossa violentissima ci annunziò che l’ultima ora del Quirino era suonata... Immantinente dopo il primo urto, un’onda, un cavallone, anzi una montagna d’acqua sollevò il naviglio e lo gettò fra i frangenti». Non basta a smorzare la passione per il mare del mozzo-capitano, che torna subito a navigare.

Nel 1834 salpa per l’Africa e l’America del Sud, dove lo indigna, da uomo già di un’altra epoca, la tratta degli schiavi, «iniquissimo traffico di carne umana»: «Non è possibile reprimere un moto di indignazione al vedere la triste sorte di questi poveri disgraziati». Indignazione che diventa entusiasmo nella giuria di Pieve quando proclama Pellegrini vincitore: «Spirito critico straordinario, unica chiave che, anche nel mondo contemporaneo, possa dirsi valida per interpretare il proprio tempo». L’antico marinaio è più moderno di tanti che vivono il mondo di oggi.