Villa Oliveto, passaggio verso la shoah

Dal campo di Civitella partivano i treni per Fossoli e Bergen Belsen, gli altri lager in provincia, da Renicci a Laterina e Villa Ascensione

Auschwitz

Auschwitz

Arezzo, 27 gennaio 2018 - COME molti aretini frequento la Libreria Il Viaggiatore immaginario, non solo per acquistare libri (ovviamente) ma soprattutto per conversare con i bravissimi proprietari, Marina e Giampiero, di letteratura, politica, film, spettacoli televisivi e di sport . Una delle caratteristiche di questa Libreria è che i titolari “leggono” gran parte dei libri che vendono e consigliano alcune letture. Consigli mirati di cui ho approfittato e di cui continuo a beneficiare.

Sul finire dell’anno scorso mi hanno suggerito il nuovo libro di Isaac Bashevis Singer (premio Nobel 1978). Sono un po’ refrattario a leggere nuovamente un autore con il quale mi sono misurato da poco. Avendo letto lo scorso anno Keyla la Rossa di Singer, ho atteso gennaio per iniziare il suo nuovo romanzo, Nemici (una storia d’amore), È stata una scelta opportuna, non solo per la bellezza della scrittura, ma perché mi ha avvicinato al Giorno della Memoria, che da 19 anni è ricordato anche in Italia e che pure qui, come dirò oltre, ci ricorda tristi storie di deportazione, come quelle dei campi di Villa Oliveto e Renicci.

Nella New York dell’immediato dopoguerra mondiale, lo scrittore ci narra di una comunità (quella ebraica) fuggita dall’Europa, alcuni sopravvissuti alla Shoah che cercano di ricostruire la loro vita nella fiducia e nel clima di speranze propri del miraggio americano. In alcuni quartieri periferici della metropoli si ricostruiscono le realtà dei paesi polacchi abbandonati: negozi, luoghi di preghiera, giornali yiddish, cibi, sapori, vengono trapiantati fino ai minimi dettagli. “Il venerdì a Brooklyn non era molto diverso dal venerdì a Cywkòw” (il paese polacco originario di Herman Broder il personaggio principale del romanzo). Con una particolare novità, come osserva Singer, “agli ebrei qui era concesso di vivere in libertà!”

ANCHE se non è l’obiettivo principale del romanzo, i racconti dei “salvati” fanno riemergere le atrocità subite nei campi di concentramento. È un libro, specie nellaprima parte, che ci porta all’interno della Shoah, ce la fa conoscere nei dettagli, anche quelli più tragici, ci ricorda le umiliazioni a cui erano sottoposti i prigionieri dei campi di sterminio. Non solo, ci mostra un altro aspetto caratterizzante nelle esperienze di coloro che riuscirono a sfuggire alla morte: il “senso di colpa” per essersi salvati rispetto a coloro – i più – che erano stati uccisi.

Aspetto che spinse molti a chiudersi in un silenzio, perché (bisogna ricordarlo) all’indomani della guerra, non si vuole sentir parlare dei genocidi: si vuole dimenticare. Lo ha ricordato spesso Primo Levi. Singer scrive che “altri profughi dicevano che con il tempo si dimentica”, ma fa a dire a due personaggi (madre e figlia scampate) che non sarebbero mai riuscite a dimenticare: “Anzi più si allontanavano dalla Shoah, più questa sembrava avvicinarsi”.

DI FRONTE a questo romanzo avvertiamo l’importanza delle testimonianze, che ha favorito negli ultimi decenni ricerche, studi e la conoscenza di aspetti di cui non si sapeva nulla (o molto poco). È il caso anche del territorio aretino che subì pesantemente il progetto di sterminio tanto, che al termine della guerra, la Provincia aretina piangerà 3.110 vittime. Oltre alle stragi compiute dai militari tedeschi, oggi possiamo presentare documenti, foto, testimonianze, studi su Villa Oliveto, Renicci, Laterina, Villa Ascensione, cioè quel sistema concentrazionario che, a partire dall’introduzione delle leggi razziste, ebbe un ruolo particolare nel regime fascista.

A tal proposito ricordo l’attenta e minuziosa ricerca di Barbara Cardeti, L’internamento civile fascista: il caso di “Villa Oliveto” (1940-1944). Durante la seconda guerra mondiale in Italia si hanno oltre 70 campi per l’internamento civile; 4 di questi sono in Toscana: 2 ad Arezzo (Villa Oliveto e Renicci, ad Anghiari). Sempre nella nostra provincia c’erano i campi di internamento militare di Laterina e “Villa Ascensione” a Poppi, riservati a prigionieri di guerra .

Questi due campi dipendevano dal Ministero della Guerra: quello di Laterina – stando al progetto - si sarebbe dovuto estendere per 15 ettari con doppio reticolato , un corpo di guardia di 800 militari e riflettori notturni. Il primo campo di internamento civile ad entrare in funzione è proprio quello di Villa Oliveto, in coincidenza dell’entrata in guerra dell’Italia, il 10 giugno 1940., inizialmente destinato agli ebrei libici. Dopo l’8 settembre, il comando locale tedesco e soprattutto il Capo della Provincia Bruno Rao Torres misero in atto la deportazione dei prigionieri da Villa Oliveto a Fossoli e da lì a Bergen Belsen.

Il nostro territorio è quindi strettamente legato ai luoghi delle tragedie della guerra, tanto è vero che il Comune di Arezzo nel giugno 2009 firmò un gemellaggio con quello di Oswiecim (il nome polacco di Auschwitz). Fu il primo comune italiano a gemellarsi con quel luogo emblema della memoria del Novecento.