«Come ti è venuta l’idea?» La domanda preferita dei lettori perseguita gli scrittori da sempre. La verità è che non c’è mai una sola risposta e bisognerebbe mettere insieme una serie di eventi o suggestioni o incontri che, sommati, determinano la genesi di un romanzo. Ma il dubbio resta anche per me. «Già: da dove vengono le storie?»

Il Tribunale delle Anime è nato dall’incontro con uno strano individuo, in uno dei luoghi più misteriosi di Roma: Piazza delle Cinque Lune. Ad organizzare il tutto un mio vecchio amico della Questura, specializzato nella ricerca delle persone scomparse (che mi aveva ispirato il personaggio di Mila ne Il Suggeritore). Mi disse di chiamare questo tizio perché aveva una storia che poteva interessarmi. Lo feci e il tizio mi disse che ci saremmo visti «all’ora del tramonto». Quando gli chiesi cosa intendesse, mi rispose semplicemente «Prima del calar della sera», come fosse la cosa più naturale del mondo. Dopo aver controllato sul Messaggero a che ora tramontava il sole, mi sono recato sul luogo. Lui era già lì. Il tizio è un cacciatore del buio e, prima di raccontarmi di sé e del suo particolare metodo d’indagine, esordì con una domanda: «Qual è il più grande archivio criminale del mondo?».

Pensai all’Fbi. oppure all’Interpol, ma mi sbagliavo. La risposta mi lasciò senza fiato. Era la storia thriller più straordinaria che avessi mai sentito, tanto che non riuscivo a credere che nessuno ci avesse mai scritto un libro.
Dopo una passeggiata fra i vicoli intorno a Piazza Navona, terminata a San Luigi dei Francesi, me ne tornai a casa stordito e confuso. All’epoca avevo quasi terminato la stesura del secondo libro e mi apprestavo a inviarlo a Longanesi, eppure la storia dei cacciatori del buio continuava a tornarmi in mente. Mi dicevo che l’avrei scritta subito dopo, ma la verità è che non riuscivo a resistere. Dopo una nottata in bianco, ho chiamato il mio editore per comunicargli che avrei messo da parte il libro quasi finito per dedicarmi a un nuovo romanzo. Mi aspettavo una reazione sconcertata, ma dopo avergli accennato la trama, Stefano Mauri fu pienamente d’accordo.

Così ho ricominciato le ricerche per imbastire la trama. Ho intervistato altre volte il cacciatore del buio che, per riassumere la sua funzione, una volta mi disse: «C’è un luogo in cui il mondo della luce incontra quello delle tenebre. È lì che avviene ogni cosa: nella terra delle ombre, dove tutto è rarefatto, confuso, incerto. Io sono uno dei guardiani posti a difesa di quel confine. Ma ogni tanto qualcosa riesce a passare. Il mio compito è ricacciarlo indietro…»
Dopo quella rivelazione, mi ha portato a visitare luoghi strani e spesso sconosciuti di Roma. Così il racconto ha preso prima di tutto una forma emotiva. Volevo descrivere una Roma oscura, bagnata dalla pioggia, vicina eppure lontana, la dark-city di un fumetto cattivo. E volevo che sembrasse “straniera” per i lettori italiani.

Ma mi mancava ancora il tema di fondo. A suggerirmelo, una bambina di nove anni. Clara è la figlia di due miei cari amici e sono molto affezionato a lei e incuriosito dal suo acume. Pur non avendo letto Il Suggeritore (è troppo piccola), un giorno mi ha domandato: «Ma nel tuo libro, tu sei il buono o il cattivo?». Da piccoli accade spesso che ci si immedesimi coi personaggi dei cartoni o delle fiabe, ovviamente si scelgono sempre i buoni. A ben guardare, anche i lettori di un romanzo parteggiano apertamente per l’eroe di turno.

Ma lo scrittore? Dovendo creare anche la figura del cattivo finisce inevitabilmente con l’immedesimarsi con lui. Lo scrittore parteggia sempre per entrambi i personaggi, anche se alla fine ne fa prevalere soltanto uno. Ma deve amare il cattivo quasi quanto il buono, perché – si sa – sono i cattivi che fanno la storia. Lo scrittore così mette a nudo la propria anima, mentre il lettore rimane al riparo delle pagine. E mi sono detto: perché per una volta non invertire i ruoli? Se foste vittime di una grave ingiustizia – come ad esempio l’uccisione di una persona cara – e non fosse possibile ricorrere alla legge, cosa provereste? E qualora vi si offrisse l’occasione di vendicarvi, sareste in grado di uccidere l’assassino che l’ha fatta franca?

Ho cominciato a elaborare una serie di emozioni anche andando alla ricerca di casi reali che potessero rispecchiare il dilemma. Così anche la trama è sorta, i personaggi hanno preso vita nelle pagine. Ci sono voluti circa sei mesi per scrivere il romanzo. Ho viaggiato molto. Sono stato a Roma, a Parigi, nella mia amata Puglia, a Milano. I capitoli sono sgorgati nei momenti e nei luoghi più impensati. Quello a cui tengo maggiormente l’ho scritto su un taccuino nella metropolitana di Roma, saltando la mia fermata e proseguendo fino al capolinea. Un altro è nato di notte, in una stazione di servizio in autostrada. La frase che mi piace di più l’ho scritta prima di cominciare, un appunto su un foglio volante, che ho dimenticato e che magicamente è riapparso il giorno prima che il libro fosse finito. Ma questi sono segreti da scrittori. Chi è giunto alla fine di queste poche righe si starà dicendo: «Se il cattivo sono io e se stavolta il mistero riguarda chi indaga, allora non mi resta che scoprire chi sono i cacciatori del buio e cos’è il Tribunale delle anime». Esatto. Ma manca ancora qualcosa. Per esempio, un assassino che può assumere le sembianze delle proprie vittime. E non ci crederete, ma anche questa storia è reale.