Virus, fotografati dai cellulari: tutti in casa, è fermo il 66%

La mappa degli spostamenti attraverso i telefoni, il picco del fermo domenica 22: 71% a domicilio. Meno virtuoso il resto della provincia (59% stop). Gli altri capoluoghi

Il deserto nel centro

Il deserto nel centro

Arezzo, 31 marzo 2020 - E’ una specie di mappa della paralisi progressiva: l’Italia e Arezzo che si fermano, la penisola, una provincia e e un capoluogo che piano piano (ma nemmeno tanto) si rattrappiscono su se stessi, fino al punto di adesso: due aretini su tre chiusi dentro casa, con punte che sfiorano i quattro su cinque. Un mese e mezzo vissuto pericolosamente e adesso ricostruito attraverso la mappatura dei cellulari, in una ricerca della società americana Teralytics in collaborazione con Repubblica.

Eh sì, perchè ormai quasi tutti i nostri movimenti sono tracciabili, basta che le grandi reti seguano i nostri cellulari, soprattutto i nostri smartphone, che inviano i segnali da cella telefonica in cella telefonica, man mano che ne agganciano un’altra e che quindi si spostano (dentro le nostre tasche) sul territorio. Bene, lo studio fa base al 13 febbraio, preso come il modello di una giornata ancora nornale, alla vigilia che a Codogno esplodesse la prima emergenza virus.

E’ il 21 febbraio, ma gli italiani, e anche gli aretini, continuano a spostarsi ancora normalmente, come se nulla fosse. Domenica 23 febbraio, ad esempio, i movimenti nel capoluogo flettono solo del 2%, del 5% in provincia: il normale rilassamento del giorno festivo, non c’è ancora percezione del rischio. Il calo è già un po’ più accentuato la domenica successiva, il 1 marzo, col sindaco che ha già emanato i primi consigli (leggeri) di contenimento dell’Antiquaria.

La Fiera si fa lo stesso e porta anche un pubblico discreto, ma si registra comunque un calo dei flussi di spostamento del 12% in città e del 14 in provincia. La domenica successiva, l’8 marzo, è quella della prima zona arancione al nord. Arezzo non è toccata, anche se confina con alcuni dei territori blindati, il calo del movimenti comincia a farsi consistente, anche se minoritario: meno 25% sia nel capoluogo che nel resto del territorio.

La vera stretta è quella di mercoledì 11 marzo, quando gli aretini si risvegliano anche loro in zona rossa (estesa a tutta l’Italia) e coi negozi chiusi. Il centro diventa un deserto di saracinesche abbassate, i flussi rallentano ma non si fermano ancora: meno 35% in città e meno 27 in provincia, dalla quale evidentemente continuano gli spostamenti verso il capoluogo erogatore di servizi e di lavoro.

Da allora in poi è una discesa sempre più vertiginosa, fino al picco assoluto di domenica 22, il giorno del decreto di chiusura delle fabbriche. Gli inviti a rimanere dentro casa sono martellanti: resta tra le mura domestiche il 71% dei residenti, in città come in provincia.

Il giorno dopo è quello delle aziende ferme, con le dovute eccezioni, eppure gli spostamenti leggermente risalgono, a dimostrazione del fatto che il lavro non si è del tutto bloccato: meno 65% nel capoluogo, meno 58 in provincia.

Dato più meno stabile con quello dell’ultimo giorno di rilevazione, venerdì 26: stop per il 66% nel capoluogo e il 59 nel resto del territorio. Sono più o meno i numeri anche di Siena e Perugia, più alti però di quelli di Firenze. La Grande Paura continua.