Violenza alle donne, l'emergenza è cresciuta con il primo lockdown

Dati apparentemente più bassi ma solo perchèa lungo il telefono del codice rosa è rimasto muto: le vittime pensavanoosse stato chiuso con l’emergenza, poi il diluvio

Camper della polizia contro la violenza sulle donne

Camper della polizia contro la violenza sulle donne

Arezzo, 25 novembre 2020 - Ben 281 casi di violenza, tra maltrattamenti, abuso e stalking nel 2019, 103 nei primi sei mesi del 2020. Sono i numeri del ‘Codice rosa’, che testimoniano una piaga che non accenna a guarire: quella della violenza sulle donne. Sì perché se il codice rosa è un percorso attivato nei pronto soccorso per proteggere persone in stato di soggezione, e nella stragrande maggioranza dei casi, oltre il 95% fanno sapere dalla Asl , quelle persone sono donne. I dati sono stati resi noti in occasione della giornata internazionale contro le violenza sulle donne, che in tutto il mondo viene celebrata oggi.

Nel dettaglio, dei 281 casi registrati lo scorso anno, 241 riguardavano maltrattamenti sugli adulti, 10 abusi su adulti, un caso di stalking, mentre 28 casi hanno visto i bambini vittime di maltrattamenti e in un caso di abusi. Non sono più incoraggianti i dati di quest’anno: nei primi sei mesi si sono rivolti ai servizi del codice rosa 86 adulti maltrattati e sei vittime di abusi, mentre i bambini per i quali è stato richiesto l’intervento per maltrattamenti sono stati 9, in un caso gli abusi hanno riguardato un minore.

Spicca il contrasto con le altre province di area vasta: se i dati disponibili su quest’anno parlano di 103 casi ad Arezzo, a Grosseto se ne sono registrati 59 e a Siena 36. Ma ci sono anche realtà che i numeri non possono raccontare.

Ad esempio, il fenomeno delle violenze domestiche ha subito un incremento durante il lockdown, anche se a leggere i soli dati potrebbe sembrare diversamente: «Il punto è – spiega Vittoria Doretti, responsabile della rete regionale del Codice Rosa – che durante le primissime fasi del lockdown, quando il messaggio era quello di non recarsi al pronto soccorso, gli accessi si sono azzerati. Anche i telefoni dei centri antiviolenza sono rimasti muti per giorni. La cosa ci ha preoccupati non poco.

Assieme ai centri antiviolenza e a tutti i soggetti coinvolti nella rete del codice rosa, abbiamo investito molto in una campagna di informazione per far sapere che il percorso era sempre attivo, che era possibile contattare gli operatori anche tramite WhatsApp, che le procedure per aiutare chi è vittima di violenza erano fatte salve, nonostante la pandemia. Quando le informazioni hanno cominciato a circolare, i telefoni sono tornati a squillare e le donne sono tornate a chiedere aiuto ai pronto soccorso. In una fase così delicata, era necessario non irrigidirsi sulle procedure».

Dunque, quei 103 casi raccontano soltanto una parte della realtà. Tragiche le storie che si intrecciano lungo le stanze dedicate al codice rosa: si passa dalla giovane appena maggiorenne abusata da un presunto amico, alla moglie ‘punita’ dal marito a suon di forchettate sul braccio per non aver presentato una pasta cotta a regola d’arte. Sono paura e senso di vergogna a fermare la spirale di violenza