Verdetto Bpel, Pm in appello "Assoluzioni inopportune"

Depositato il ricorso contro i 22 prosciolti del primo ottobre: 177 pagine che sparano a zero sulle motivazioni: "Dallo Yacht alla San Carlo, tutti gli errori"

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Quelle assoluzioni (22 su 23 imputati) non s’avevano da fare, il tribunale ha preso un colossale granchio, con motivazioni inopportune e anche offensive: è la sintesi del ricorso in appello che contro la clamorosa sentenza del primo ottobre sulla cosiddetta bancarotta Etruria, con la quale sono usciti puliti dal processo tutti i big, fatta eccezione per il "reprobo", Alberto Rigotti, è stata depositata ieri mattina in cancelleria dalla procura. Sono 177 pagine dense di argomento fattuali e giuridici, che replicano aspramente alle 555 delle motivazioni firmate a dicembre dal presidente Gianni Fruganti, ormai in pensione.

Le firmano i due Pm di udienza, Julia Maggiore e Angela Masiello, ma anche il procuratore capo Roberto Rossi, come a mostrare la compattezza dell’ufficio dell’accusa nei confronti di un verdetto in cui non mancavano gli apprezzamenti pesanti nei riguardi della procura, che a questo punto non fa sconti: appello contro tutti gli assolti e contro tutti i capi di imputazione per i quali i giudici avevano liberato dalle ombre della bancarotta (fraudolenta o colposa) gli eccellenti. Nel mirino, insomma, tornano non solo figure come l’ultimo presidente Lorenzo Rosi, gli ex vicepresidenti Giorgio Guerrini e Giovanni Inghirami o big come Augusto Federici, già Ad di Sacci, ma anche Rigotti per le accuse (9 su 16) da cui era stato prosciolto.

Il ricorso può essere suddiviso in due grandi parti: una generale di una trentina di pagine e un’altra, più specifica, riguardante i singoli capi di imputazione, dallo Yacht all’affaire San Carlo Borromeo, dalla Sacci ai casi Isoldi, Abm (ancora Rigotti) e tutti gli altri che coprivano per intero l’alfabeto e il suo doppio. Vediamo un po’ i contenuti. Il tribunale dicono i Pm, equivoca gravemente sul significato della parola dissesto, che non va confusa con l’insolvenza. Quest’ultima arriva nel 2016 (l’11 febbraio come oggi) ed è la conseguenza di una crisi irreversibile databile almeno a fine 2013, il dissesto invece è di molto anteriore ed i finanziamenti cui hanno concorso gli accusati hanno pesantemente contribuito ad aggravarlo. Gli amministratori non erano senza delega ma con la delega dell’erogazione del credito, non dovevano solo "agire informati" ma anche assumere delibere che non portassero ai 206 milioni di rettifiche dei crediti deteriorati imposti da Bankitalia nel bilancio 2012.

Yacht di Civitavecchia. C’erano innanzitutto, scrivono i Pm, conflitti di interessi che il tribunale liquida troppo facilmente o non esamina affatto. Quelli di Giorgio Guerrini, al tempo stesso vicepresidente e socio di High-Facing che realizzò l’impianto fotovoltaico della barca, rimasta peraltro allo stato di "larva", Paolo Fumi, il direttore dell’area romana. il cui figlio da Privilege Yard fu assunto a tempo percependo 112 mila euro in tre anni per un wellness mai realizzato, e il presidente Fornasari, di cui Mario La Via, Ad di Privilege scrisse al cardinale Bertone che gli aveva fatto importanti favori. E poi, sempre secondo la procura, la costruzione dello Yacht, cantiere e nave, non era altro che una colossale messa in scena per drenare all’estero (80 milioni) i finanziamenti ricevuti dalle banche. Dell’irrealizzabilità del progetto dicono le cifre: crediti per 175 milioni contro costi previsti di 360. Impossibile colmare un gap così.

San Carlo Borromeo. Prestito di 25 milioni chiesto intorno a Ferragosto e concesso in pochi giorni su garanzie farlocche, sempre secondo i Pm. Perdipiù a un personaggio come il guru Armando Verdiglione cui Bpel aveva in precedenza negato un finanziamento proprio per la sua cattiva fama bancaria.

Caso Sacci. La più grossa delle sofferenze di Etruria. Il prestito, accusano i Pm, fu deliberato prima ancora che ci fosse una Pef (pratica elettronica di fido). L’ acquisizione dei cementifici Lafarge era troppo ambizioso, specie dopo la crisi del 2008.

E allora chi ci ha visto giusto: la sentenza del primo ottobre o i Pm che ricorrono? La risposta alla corte d’appello. Ci vorrà qualche mese, forse un anno e più.