Un campo da calcio per i bambini di Medellin, il "regalo" di Simone Piccini

Dopo due anni intorno al mondo Piccini si è fermato in Colombia nella Comuna 13 di Medellin dove ha costruito un campo da calcio e un ostello per dare una speranza a 130 ragazzi, toglierli dalla strada e strapparli ai corrieri della droga. Ce l'ha fatta con l'aiuto di tanti amici ma tutti possono dare una mano

Simone Piccini a Medellin

Simone Piccini a Medellin

Arezzo 21 settembre 2019 -  Simone Piccini, l’aretino ex assicuratore che a 39 anni ha mollato tutto, casa, lavoro e con la liquidazione in tasca ha fatto il giro del mondo, 100mila chilometri in due anni, ce l’ha fatta.  E’ partito alla ricerca della felicità e l’ha trovata in 130 bambini di Medellin. Ha costruito per loro un campo da calcio nella Comuna 13 di Medellin in Colombia. E da pochi giorni ha aperto anche l’ostello per ospitare i viaggiatori che vogliono far parte di questa straordinaria avventura. Una vita rivoluzionata dall’incontro con persone speciali come la compagna Katherine, come Yenny Martinez e Andrés Castañeda che a Medellin da dieci anni gestiscono la comunità "Sembrando paz y esperanza" (Seminando pace e speranza) e che ospita 110 bambini e 20 bambine dai 5 ai 17 anni. In tanti hanno creduto nel sogno di Simone, suo padre Luigi ad Arezzo ha organizzato una mostra fotografica per raccogliere fondi, l’amico Luca Salvi ha coinvolto il Chievo Calcio che lo ha praticamente adottato, l’amico Alessandro Tomasi ha girato un video e stampato foto vendute in beneficenza, una cantina della Valpolicella ha donato 5mila euro di bottiglie di vino. E Simone è rimasto là, a Medellin, con tanti progetti in testa e nel cuore, raccontando tutto nel libro e nella pagina Facebook “Wanderhang - viaggio dentro al mondo”.

“Il campo è finito - ci fa sapere - è costato 10 mila euro. C’era già uno spiazzo, ma era in pendenza e per metà occupato da una collina, è stato pulito, allargato, livellato, recintato, illuminato”. Il pallone è lo strumento magico che serve a tenere al sicuro i bambini lasciati soli da genitori costretti a lavorare tutto il giorno, o senza famiglia, e strapparli alla criminalità organizzata che facilmente li recluterebbe per strada. “Il pallone è la cosa più semplice per attirare i bambini - spiega Simone - ma serve anche a dare regole, creare un gruppo, dare una guida, a non farli perdere per strada, è un posto sicuro”. Qui il pericolo è il traffico di droga: “I corrieri della droga pagano 20 dollari per una consegna in bici, i loro padri vengono pagati 15 dollari per un’intera giornata di lavoro. Ma c’è voglia di cambiare e serve qualcuno che li mantenga in questa buona strada perché perdersi è facile: i genitori escono alle 5 e tornano a mezzanotte, le bambine rimangono incinta a 12 anni e vengono abbandonate, manca un’educazione sessuale”.

Voglia di cambiare e di scommettere sulla vita e soprattutto dare una possibilità. Come a Falcao. Un nome che sembra un destino, lui, 13 anni, che volare la palla fra i pali della porta o segna in rovesciata: “Sguardo fiero e schiena dritta, di quelle che si, forse si piegano ma difficilmente si spezzano - lo descrive Simone - uno dei tanti abbandonati dal padre (un vizio comune da queste parti) che spesso si perde richiamato dalla sua voglia di aiutare la madre e il fratello maggiore racimolando qualche spicciolo scaricando sacchi di cemento. Almeno finché, sempre Yenni, non lo va a recuperare e lo riporta al campo. Tanto sempre lì torna. Da ormai 9 anni a questa parte, e ne ha 13. Uno dei ragazzi più difficili e complicati, di quelli che camminano in bilico sul filo del rasoio. E proprio per questo, uno di quelli che più hanno bisogno di questa realtà. Da queste parti non si lascia nessuno per strada. Perché credere in loro è il minimo che si possa fare. Tutti insieme possiamo regalargli un mondo migliore. Per noi può essere un caffè, per loro vale molto di più”.

E i miracoli succedono perché sono le persone a fare la differenza. “Io e la mia ragazza Katherine organizziamo tour in italiano, inglese e spagnolo nella Comuna che turisticamente è diventata la meta più famosa di Medellin per i suoi murales e i suoi graffiti, quartiere dove fino a pochi anni fa era impossibile entrare perché uno dei più pericolosi al mondo. E gestiamo l’ostello, l’unico dentro la Comuna, si chiama 'Hostel 13 Wanderhang’, il ricavato servirà a organizzare lezioni di lingua, danza, cucito, musica, corsi di educazione sessuale. Volevo dare ai viaggiatori la stessa occasione che era stata offerta a me, di innamorarsi di queste case costruite sulle macerie, di perdersi fra questi stretti vicoli e nei sorrisi dei bambini che ti fermano per strada chiedendosi per quale motivo ti sei fermato proprio qui. È stata più dura del previsto. Tanti momenti nei quali stavamo per rinunciare e mandare tutto all'aria. Tanti dubbi e mille paure, sopratutto per il fatto di essere ‘l’italiano'. Perché quando sei l'unico straniero a vivere in una comuna colombiana di 150 mila persone vengono fuori tante piccole cose che, sommate una sull'altra, possono farti cambiare idea. Alla fine però ha prevalso la voglia di tentare. Non avevamo niente da perdere, se non il rimpianto di non averci provato”.

Perché questo non è solo un ostello o un campo da calcio, e Simone ce lo fa capire perfettamente: “Il bello di questo posto non è vedere venti bambini con i loro completi lottare dietro ad un pallone, anche se devo ammettere che è uno spettacolo. Ma abbastanza facile. Trova venti bambini, trova un pallone, e il resto viene da sé. No, il bello è vedere tutta la gente che quei venti bambini riescono a far avvicinare al campo. È una speranza per tutti. È la speranza di ogni ‘abuelo' nel vedere una luce in fondo al tunnel per il suo nipotino, una vita diversa da quella a cui purtroppo erano abituati. È la speranza di ogni giovane mamma nel credere che la propria figlia possa ricevere quell'educazione che purtroppo a lei è mancata, e che a 16 anni possa avere a che fare con libri e quaderni e non con biberon e pannolini”. Lo ha capito anche Junior, l’ultimo arrivato tra i Sembradores: “Per il momento raccoglie aquiloni rotti e se li porta a casa per ripararli, ha un sorriso che rapisce all’istante - ammette Simone - ma dice che quando sarà un professionista ne regalerà uno nuovo ad ogni bambino della Comuna, perché la vita può essere dura quanto volete, ma tutto svanisce appena fai volare il tuo aquilone”. 
Incontri così ti cambiano la vita: “Non ho idea di cosa farò domani e voglio continuare a non saperlo”. Intanto i ragazzi giocano con una scritta sulla maglia: “Deportivo sembradores de un nuevo futuro”. Il suo domani, Simone, glielo ha regalato.