Turismo dimezzato, le vallate reggono meglio La sfida dei locali: 17 aperture post pandemia

Bilancio 2020: la città paga con un -53%. Cortona poco sotto ma risale più velocemente. Il rilancio delle attività, le carenze di personale

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di Alberto Pierini

AREZZO

C’è chi molla e basta, lasciandosi alle spalle una scia di vetrine e attività sbarrate. C’è chi non lascia ma raddoppia: o rinnovando profondamente i locali o addirittura aprendone di nuovi. La resistenza alla pandemia, lo tsunami che da oltre 15 mesi ci tiene sotto scacco, comincia a disegnare una mappa sul fronte della ristorazione.

Sul turismo emergono finalmente i primi dati ufficiali: quelli regionali del report annuale dell’Irpet. Che come tutti gli studi viaggiano con il freno e fotografano per ora l’intero 2020. Bilancio? Un turismo dimezzato ma che lascia le cicatrici più profonde sulle "capitali", come Firenze: chi aveva più stranieri paga il prezzo più alto. Arezzo, come spesso succede, sta nel mezzo, da grande incompiuta sul fronte turistico. Non arriva al crollo dell’80% e passa del capoluogo, ma si assesta comunque su un -53,9% pesantissimo,specie considerando i valori assoluti di partenza, inferiori a gran parte delle altre città toscane.

Chi resiste meglio sono le vallate. In testa Casentino e Valtiberina, il cui calo si attesta al 38,% e al 38,8%. Un po’ meno il Valdarno, che registra un -45,6%, e soprattutto la Valdichiana, Cortona in testa: il bilancio 2020 segna un -48,7%. C’è una logica, è la meta sulla quale gli stranieri, americani in testa, pesano di più. Ma in compenso i segnali di ripresa del 2021 sono per ora più fragorosi delle altre aree.

Chi viaggia meglio limita i danni grazie al recupero del turismo di prossimità e domestico degli italiani: le due sacche di resilienza sono le spiagge del sud e le aree rurali interne, comprese le nostre. Di sicuro gli alberghi pagano molto più di agriturismi, case vacanza e B&B.

Sul fronte turistico i segnali più convincenti arrivano dalla ristorazione e dai pubblici esercizi. Un’impressione già confermata dalle associazioni di categoria nelle prime analisi dopo la terza ondata e confermate dalla "mortalità" complessiva. Per ora le chiusure sono estremamente limitate,percentuali da zero e qualcosa rispetto al passato. Forse anche perché chiudere richiede una liquidità che in pochi hanno? Sicuramente sì.

Ma esiste anche il fenomeno opposto. Le aperture dopo la crisi. E sono tante.Ne abbiamo contate almeno 17, la maggioranza nel capoluogo.L’ultima dei giorni scorsi, l’ex Tastevin di via de’ Cenci: rilevato dagli "Ostinati" in questo caso nella veste di "Marinati". E cresce la tendenza a polarizzare le attività: chi resiste meglio moltiplica le proprie aziende. E’ quello che ha fatto Federico Vestii, quinta apertura di famiglia con "Ipokeyou". Lo ha fatto X-Bar,rilevando anche Tiffany. Lo ha fatto l’Antico Caffè Novecento" lanciando la seconda vetrina. Ma non mancano novità.

Il "Just" ai Bastioni, rilanciando uno degli angoli storicamente più fruttuosi per gli aperitivi. E sempre sul filo dei precedenti, ecco Myura che ha rilevato l’ex Sugar Reef davanti a Konz, tra cucina fusion e cocktail. Cresce la Badia, (ultimo locale Insomnia, un cocktail bar). E si sperimentano spazi nuovi coma la pasticceria in via Montefalco (Dolceteca) tra tradizione e innovazione. Un ristorante a Gragnone, vero e proprio American Bar o addirittura il primo Ortobar, a fianco dell’Arezzo Sport College, i chilometri zero sul tavolo. Chilometro zero che è anche il marchio del nuovo locale nella zona di Olmo. Rilanciano una vecchia insegna, il Bar Magi ma con una nuova gestione in via Veneto, e il Mac Pinguino completamente i locali. E tra le aperture il Menchetti a Capolona, la Chiccheria in via Veneto, il ritorno del S.Gregory, il Pepperpan a Ceciliano. Una diga contro la crisi, all’ultima vetrina

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