Truffa Etruria, le storie degli azzerati: "Ho perso i soldi per i funerali"

Un operaio casentinese voleva lasciare alla famiglia i soldi per l’ultimo saluto, 15 mila euro in titoli sicuri. Poi la proposta di un direttore di filiale. "Nessun rischio, le banche non falliscono"

Manifestazione risparmiatori Banca Etruria

Manifestazione risparmiatori Banca Etruria

Arezzo, 23 maggio 2018 - C’è persino chi ha perso i soldi che aveva destinato alle spese del suo funerale, per non gravare sugli eredi. Domani nell’aula del processo per la truffa Etruria, le subordinate finite in fumo col decreto di risoluzione del 22 novembre 2015, è il giorno degli azzerati, delle storie di chi ci ha rimesso i risparmi di una vita. Sfileranno ad uno ad uno, vicende a volte patetica, a volte drammatiche.

Nel giorno in cui il leghista Claudio Borghi, possibile ministro, promette rimborso parziale anche agli ex azionisti, La Nazione è in grado di anticipare alcuni dei racconti. Quello ad esempio dell’operaio casentinese che cercava una sola sicurezza: lasciare alla famiglia soldi sufficienti per pagare le spese dell’ultimo saluto, indipendente fino in fondo, anche oltre la morte. Per questo, in una vita intera di lavoro in una grande azienda della zona aveva accumulato un tesoretto di 15 mila euro, investito in titoli sicuri.

Poi, spiega al giornale, una mattina mi aggancia nella piazza del paese il direttore della filiale Bpel: «Ti voglio far guadagnare qualche soldino». Lui chiarisce subito che speculare non gli interessa, vuole solo la certezza del capitale, perchè quando verrà il momento i figli non dovranno preoccuparsi di pagare per la bara sua e della moglie. Il direttore gli promette che non ci sono rischi: «L’unico pericolo è che la banca fallisca, ma le banche non falliscono».

L’operaio si lascia tentare, salvo scoprire all’indomani del decreto di risoluzione che i suoi soldi, quelli del funerale, non ci sono più. Si rivolge a un avvocato e fa la denuncia per truffa. Peraltro ora ritirata: lo stato gli ha restituito l’80 per cento. Intanto, però, resta fra i testimoni. Il suo, ovviamente, per quanto estremo, non è un caso isolato. C’è ad esempio un altro risparmiatore che racconta di essere stato convocato in filiale dove gli fanno credere che le sue obbligazioni (senior e dunque non a rischio) siano scadute e quindi vadano sostituite con un altro investimento. Non è vero, scoprirà dopo, ma intanto lo hanno convinto a comprare subordinate, di quelle ovviamente che vanno in malora.

Solo due storie su tante, altre le scopriremo in aula. Il processo, dunque, si sposta dal ruolo dei presunti istigatori (i cinque dirigenti che sarebbero stati la cabina di regia di un collocamento disinvolto e a tappe forzate) ai singoli episodi di vendita dei bond nelle filiali. In ambienti vicini agli inquirenti, tuttavia, non è andato giù il contrattacco delle difese, secondo cui alcune delle mail lette in aula dal tenente colonnello Peppino Abruzzese non erano riferite alle subordinate.

Ecco allora spuntare il testo di altre mail che preciserebbero il quadro complessivo. Il 5 giugno 2013, ad esempio, un direttore di filiale scrive in sede centrale per precisare che lui e i suoi non sono in ritardo nel collocamento: «Ci era stato chiesto di cercare di raggiungere il budget entro una settimana /10 giorni...Noi abbiamo tenuto un passo in virtù del quale in massimo 4 giorni avremmo raggiunto il budget, quindi in linea con i tempi».

E’ il segno, spiega chi indaga, che al 28 maggio ritenuto dalle difese come una data prematura rispetto al tema subordinate era già in atto un precollocamento e che dunque le frasi roboanti su «guerra dei mondi» e «Invocherei una ola» a quello erano riferite. Sarà un altro tema di battaglia nel processo, mentre oggi dal Gip replicano gli avvocati difensori dei 27 imputati di bancarotta nel rito ordinario.