Truffa Etruria, l'affondo delle difese. Procuratori: "Mai subite pressioni"

Gli avvocati: fra loro non c’è nessuno che abbia collocato le subordinate. Il vicedirettore Cuccaro netto: "La grande accusatrice non fu trasferita per punizione"

La protesta dei risparmiatori di Banca Etruria

La protesta dei risparmiatori di Banca Etruria

Arezzo, 28 settembre 2018 - E’ il giorno della difesa al processo per la truffa Etruria, il giorno in cui gli avvocati degli imputati sfoderano le loro carte per allontanare dagli accusati lo spettro della condanna. Una strategia che si articola in tre mosse: la sfilata dei promotori finanziari, la testimoninanza del vicedirettore generale dell’epoca (il 2013) Emanuele Cuccaro e l’affondo per smontare uno dei documenti chiave della procura, la tabella dei promossi che avrebbe dovuto sostanziare come in banca venissero premiati coloro che si prestavano a piazzare le subordinate poi azzerate nella drammatica domenica del decreto salva-banche, il 22 novembre 2015 (120 milioni cancellati con un tratto di pennna e migliaia di risparmiatori rimasti con la carta straccia in mano) e puniti i recalcitranti.

Ebbene, insinuano i difensori con l’ausilio di carte e testimoni, quella lista con i bond non c’entra niente. Perchè chi venne promosso di obbligazioni poi annullate non ne aveva collocata nemmeno una. Ma non finisce qui, perchè la sequenza dei promotori finanziari che si presentano in aula si risolve un coro: non abbiamo mai subito pressioni particolari per piazzare i titoli da anni nella bufera.

Fosse così, sarebbe una smentita secca rispetto a quanto avevano raccontato a luglio, sempre nel processo, tre dei testimoni chiave dell’accusa, tutti concordi nel dire che loro erano stati progressivamente emarginati dopo che avevano manifestato dei dubbi sull’opportunità di offrire alla loro clientela bond che giudicavano troppo rischiosi.

E’ il cuore delle contestazioni alla cosiddetta «cabina di regia», il manipolo di dirigenti che deve rispondere di istigazione alla truffa perchè avrebbe incitato la grande platea dei direttori di filiale e anche dei semplici impiegati a vendere subordinate senza guardare troppo per il sottile, soprattutto presso il pubblico indistinto degli investitori meno attrezzati in materia di strumenti finanziari. Se cade quella, il processo si fa assai più complicato.

Tanto più che a corroborare la versione fornita sempre a luglio da Luca Scassellati e Paolo Mencarelli, due dei dirigenti che devono rispondere dell’istigazione, arriva adesso il vicedirettore generale del tempo Emanuele Cuccaro. La questione è quella della promotrice finanziaria, una dei tre supertestimoni, che aveva raccontato di essere stata trasferita a Sansepolcro come punizione per il suo dissenso sul collocamento dei bond.

Bene, Cuccaro conferma quanto già detto dagli accusati nel corso del loro esame: la signora fu allontanata solo perchè erano arrivate indiscrezioni sul suo imminente passaggio a una banca concorrente e quella era una prassi corrente per evitare che venisse messo a rischio il portafogli clienti di cui era titolare.

Due verità, dunque, in totale contrasto fra loro: da un lato la promotrice che dice di essere stata punita, dall’altra parte la dirigenza della fu Bpel che parla di un provvedimento a tutela dell’istituto. A chi crederà il giudice Angela Avila, cui in marzo toccherà la sentenza? E’ lì che si gioca gran parte del processo, almeno per la parte più scottante, quella della «cabina di regia» sulle subordinate.