Scuole, il progetto va avanti ma slitta la mensa unica: tre anni avanti così poi il bando

L'assessore Tanti annuncia la nuova linea: accantonato il project financing, l'investimento sarà comunale. Sollievo famiglie per l'esito ma bocciata la petizione

La protesta in piazza

La protesta in piazza

Arezzo, 22 marzo 2019 - La mensa unica non si farà. O almeno non si farà per ora. E' la svolta a sorpresa che emerge dal consiglio comunale che era vissuto tutto intorno a questo tema, essendoci all'ordine del giorno proprio la petizione presentata dai genitori dei bambini con tanto di tremila firme.

Una petizioen dibattuta e bocciata con i voti della maggioranza: ma il Comune evita il braccio di ferro e adotta una nuova strategia. Accantona il project financing, l'ipotesi tanto contestata che avrebbe dovuto portare in tempi brevi alla realizzazione di una mensa unica.

Per tre anni, ha spiegato l'assessore Lucia Tanti che comunque sulla questione aveva aperto un confronto e un tavolo anche con le famiglie, si andrà avanti con gli attuali centri di cottura. Dopo di che l'idea dell'attuale maggioranza è quella di arrivare alla realizzazione della mensa unica ma a quel punto con risorse proprie ed un finanziamento ad hoc. E analizzando quando sarà il momento la strategia e le modalità giuste.

In mattinata si era svolto anche il sit-in delle famiglie in piazza del Comune, che ha accompagnato la discussione della petizione, con la solita cornice di striscioni, cartelli e palloncini colorati: insieme alle mamme anche diversi bambini.

LA CRONACA DELLA SEDUTA. Il consiglio comunale ha discusso la proposta di delibera di iniziativa popolare promossa dal comitato dei genitori “Giù le mani dalle mense” sfociata in questa specifica e formale richiesta di revoca della procedura del project financing relativo al centro unico di cottura e di contestuale mantenimento delle cucine esistenti e riattivazione di quelle recentemente chiuse. Nella presentazione della proposta viene sottolineato che le linee di indirizzo della refezione scolastica emanate dal ministero della Salute indicano come sia da privilegiare la produzione dei pasti nel luogo del consumo e che comunque l’intervallo di tempo tra preparazione e distribuzione vada ridotto al minimo.

Un centro unico di cottura sarebbe invece il modo per aumentare questo intervallo: la veicolazione del cibo e il tempo intercorrente tra fine della preparazione e somministrazione non consentirebbe di valorizzare il binomio fresco-caldo che soltanto una ristorazione di prossimità può garantire. Alessandro Caneschi: “la nostra proposta coincide con quella spiegata nella petizione, di cui condividiamo le motivazioni di principio e le soluzioni proposte: con le risorse necessarie, chiediamo di ristrutturare le cucine esistenti e rinunciare al project, per non lasciare il servizio nella disponibilità esclusiva di un gestore privato”.

Francesco Romizi: “dietro a questa battaglia politica non ci sono ragioni ideologiche ma partecipazione vera e studiata per il bene dei propri figli. Migliaia di giovani in tutto il mondo stanno scendendo in piazza per chiedere strategie e atti che salvino il pianeta. La battaglia delle mamme è per la salute e l'ambiente. Il menù proposto dal privato ha ottenuto 54 punti di valutazione e la sufficienza era individuata in 50. C'è una prevalenza di carne, pochissimi legumi, i piselli solo tre volte al mese, anche il pesce non è previsto molto spesso, non c'è l'alimentazione biologica. Dunque il menù non è sostenibile e stiamo parlando di una dieta per i bambini. L'invito che faccio ai genitori e alle persone che si sono attivate in questi mesi è mantenere viva l'attività di studio e consapevolezza, mantenere alta l'attenzione su ciò che accadrà nei prossimi mesi. Sono certo che non toccherà a questa giunta finire il percorso, perché fra un anno, al voto, questa città avrà una reazione”.

Roberto Bardelli: “l'amministrazione comunale sta affrontando con coraggio un tema accantonato per 40 anni. Da questo presupposto è partito un dibattito anche all'interno della maggioranza. La conclusione è che saremo i primi a livello nazionale a considerare la mensa come servizio pubblico essenziale e quell'ora come un'ora di scuola. In effetti non si può delegare tale servizio a una società privata, la maggioranza non ha mai affrontato la questione da un punto di vista finanziario ma in termini molto concreti. Per addivenire a un cambio epocale. A me ha fatto piacere che sia emersa un'idea diversa dalla nostra, la discussione è sempre positiva”.

Giovanna Carlettini: “la vicenda è delicata ma su un aspetto concordiamo tutti: la tutela della salute dei bambini. Dobbiamo raggiungere l'obiettivo facendo una scelta complessa: non è più possibile conservare il vecchio modello organizzativo. Cambiare è positivo, certo bisogna fare uno sforzo per cambiare in meglio. Primo: con il miglior pasto possibile per i bambini. Secondo: considerando le famiglie i nostri interlocutori privilegiati e mantenere la loro fiducia. Terzo: con il territorio. Abbiamo la fortuna di avere aziende agricole e allevamenti di qualità per cui è logico impostare scelte che portino all'utilizzazione di questi prodotti. Chiedo di superare il vecchio modello ma anche di sospendere la procedura del project, il confronto va bene, la contrapposizione frontale no. Devo riconoscere che il confronto e l'ascolto sono state prerogative dell'assessore Tanti”.

Simone Chierici: “nel mondo ideale vorremmo la scuola piccola con la cucina e la cuoca che prepara il pasto un quarto d'ora prima. Ma non è possibile. L'idea del project aveva un vantaggio: non gravare sulle tasche degli aretini ma in effetti la sua durata era un aspetto rischioso ed è una soluzione da mettere in discussione. Concordo sull'occhio di riguardo da riservare alla filiera corta. I rappresentanti dei genitori potranno sempre essere coinvolti nell'assaggio e nel controllo igienico-sanitario dei locali. Siamo nell'ultimo anno di mandato, praticamente, e ci assumiamo le nostre responsabilità con una decisione che non va incontro agli umori popolari ma alle nostre idee. E a proposito di mense chiuse: tre lo sono state durante le amministrazioni Fanfani. Ci auguriamo che fra qualche anno, quando i fornelli saranno accesi, tutta la città convenga che non ci siamo sbagliati”.

Egiziano Andreani: “ma davvero pensate che in quest'aula ci siano persone che vogliono pregiudicare la salute dei nostri figli e nipoti? Noi non ci fossilizziamo sul numero dei punti di cottura ma vogliamo qualità nel cibo e nella sua trasformazione. Potremmo avere anche una cucina industriale ma se i processi sono adeguati, il cibo sarà sano. L'indicazione sulla proprietà della struttura è che sia comunale. Contiamo in un soggetto locale nel ruolo di gestore, nei prodotti del territorio, nella qualità degli operatori che si troveranno all'interno della struttura, nel coinvolgimento dei genitori nelle fasi di lavorazione del cibo, in menù diversificati a seconda delle fasce di età e delle esigenze dei bambini, in sostanza in una cucina 'casalinga' anche se più grande”.

Jacopo Apa: “bisogna superare di certo il modello esistente e guardare a quanto presente nel territorio nazionale. Abbiamo individuato Cremona e Sesto Fiorentino. Se ne può mutuare uno direttamente nella realtà locale? Dobbiamo valutarlo in ogni risvolto concreto. Coinvolgendo il territorio, investendo risorse adeguate, proiettando Arezzo in una dimensione di eccellenza”. “Credo che la soluzione che prospetterà a breve l'assessore Lucia Tanti - ha puntualizzato il sindaco Alessandro Ghinelli - vada nella direzione giusta, soprattutto per rendere effettivo quanto accennato da Bardelli: ovvero che la mensa sia per i bambini un diritto inalienabile”.

L’assessore Lucia Tanti: “non abbiamo fretta ma la necessità di fare un ragionamento, con coscienza, conoscenza e pazienza, di sistema, che impatterà su Arezzo per i prossimi decenni. E non ci facciamo intimorire da una raccolta firme effettuata anche con metodi discutibili. Attualmente partiamo da una situazione in cui 58 istituti, con 3.300 pasti di media al giorno, sono serviti da 12 mense. Di queste 12 mense 3 non verranno comunque chiuse. Parlo della scuola Cesti, un nido comunale dove si consumano 55 pasti al giorno, la Modesta Rossi, con 107 pasti giornalieri per un nido e una scuola dell’infanzia e l’Orciolaia, dove i pasti sono 135 distribuiti sempre fra bambini che frequentano il nido e bambini che frequentano la materna. Si scende dunque a 55 istituti per 9 mense.

Ma vanno aggiunti ulteriori aspetti: tre di queste servono solo le scuole in cui si trovano e andranno incontro a chiusura perché a causa di norme sopravvenute non conservano parametri ottimali. Restano 6 mense che a oggi servono 52 istituti, destinati a salire, come conseguenza della suddetta chiusura, a 55: la veicolazione dei pasti c’è già, è un dato incontrovertibile che supera la percentuale dell’80% del cibo giornaliero. Se così stanno le cose, la cosiddetta supermensa, o meglio centro unico di cottura, ‘riduce’ un numero già esiguo di mense rispetto alle scuole da servire. Se anche pensassimo di avere una mensa per ogni scuola, tipo Cremona, dovremmo intervenire per realizzare cucine vere, con locali adeguati anche nelle superfici, e questo costringerebbe a ridurre gli spazi destinati alle aule e al verde.

Volete questo? Noi no. Ma c'è anche un secondo modello, quello di Sesto Fiorentino, con una cucina centralizzata. Poi ci sono considerazioni di carattere generale e politico, più volte ribadite ma questa è la sede per sottolinearle ancora una volta: questa l’amministrazione comunale ha scelto per Arezzo, dopo 40 anni, un nuovo corso in vista di una rivoluzione tranquilla in cui l’ascolto è sempre stato prioritario. E lo dimostra questo Consiglio Comunale. Ho sempre detto che non ne faccio una questione di numeri. Quello che mi preme, per questo desidero interloquire con quanti più soggetti e il tavolo permanente di confronto appena creato ne è ulteriore esempio, è fare di Arezzo un modello non per il numero delle cucine ma per il servizio che darà: una svolta per i prossimi decenni. Arezzo non copia modelli, li costruisce. E il modello grazie al quale supereremo l’attuale dovrà caratterizzarsi per la sicurezza alimentare, l’efficienza degli spazi, la qualità dei prodotti, i percorsi di differenziazione dei menù, l’attenzione massima al problema delle allergie, il rapporto costruttivo con il territorio e le sue eccellenze, i percorsi di educazione alimentare e ambientale in collaborazione anche con le famiglie. È a favore di questi nuovi orizzonti che mi sono battuta e mi batterò, senza soluzioni affrettate.

Con una novità, importantissima. Il centro unico, che chiameremo spazio di educazione e sicurezza alimentare, non nascerà sulla base del project financing di cui fin qui si è discusso ma grazie a un project comunale. Una mensa del Comune di Arezzo, a gestione privata ovviamente, ma di proprietà pubblica. La prossima variazione al piano triennale delle opere pubbliche sancirà questo punto fermo. Noi faremo un intervento, da qui a tre anni, con un bando vero e alla fine di questo terzo anno sarà realizzato un qualcosa con i denari di questa città, con concessione breve, controlli quotidiani, protagonismo del territorio, dominio dell'amministrazione comunale. A conclusione di tutto, avremo 4 cucine e 58 aule di educazione alimentare”.

Matteo Bracciali: “da tutto questo panegirico emergono due cose: atteggiamento provocatorio e un unico interesse di tipo contabile. Noi un modello ve lo abbiamo dato: scuole con le cucine. Un patrimonio pubblico che merita di vedere incrementata e non retrocessa la sua qualità. Il valore sociale di alcune scelte non si po' contabilizzare. Rispetto agli investimenti che si tanno facendo, passare da 12 cucine a 4, mi porta a dire che si va verso un peggioramento perché aumenta la percorrenza del cibo e dunque la qualità ne risente. Non facciamo un passo indietro rispetto ai diritti che questa città ha costruito. Si facciano sacrifici su altri capitoli di bilancio”. La proposta è stata respinta con 15 voti contrari e 5 favorevoli.