di Marco Corsi Ben 2487 donazioni, 117 nuovi donatori, 60 persone che si sono iscritte per la prima volta all’associazione. Il bilancio dell’Avis di Montevarchi, fatto in questi giorni dal presidente Raffaele Calafiore, non può che essere soddisfacente, considerato che ci sono ancora casi di Covid, che le forme influenzali di questi mesi sono particolarmente forti e che la pandemia non è ancora scomparsa definitivamente. "L’attività svolta dalla nostra sezione è stata in parte rallentata dall’emergenza sanitaria ma non si è mai fermata, per diffondere il nostro messaggio di solidarietà – ha detto Calafiore – Siamo stati presenti, con nostri spazi informativi, nei punti vendita Unicoop ed in tutte le manifestazioni organizzate dall’amministrazione comunale. Il risultato di queste iniziative è stato, oltre ai 117 nuovi donatori che hanno già donato, quello di avere 60 nuovi iscritti che hanno già effettuato le visite mediche preliminari alla prima donazione e che sono in attesa dell’idoneità a donare". Calafiore ha poi ricordato l’attività dell’Avis sul fronte del sociale. Ha partecipato al "Tavolo della Povertà" e alla raccolta alimentare e ha dato supporto ad associazioni che si occupano anche di emergenza profughi, tra cui Nuovi Orizzonti e Punto Famiglia Villa Pettini ("che ringraziamo per la loro meritoria opera"). Avis Montevarchi è presente anche nello sport con il Gruppo Sportivo che si occupa di ciclismo e con il partner A.s.d. Polisportiva Rinascita Montevarchi. "Contribuiscono, con la loro attività, in modo fattivo alla diffusione del messaggio del dono del sangue", ha concluso Calafiore, che ha poi rivolto un appello a tutti. "C’è necessità di sangue, invito tutti ed in particolare i giovani ad iscriversi alla nostra associazione perché purtroppo, anche i donatori invecchiano o si ammalano e quindi vi è necessità di un ricambio. Il sangue non si fabbrica o si sparge, ma si dona". L’Avis di Montevarchi ha una lunga storia alle spalle. Era il 30 luglio 1951 quando un piccolo gruppo di pionieri, 21 persone in tutto, decisero di affrontare in modo diretto e propositivo un argomento all’epoca circondato da non pochi pregiudizi: la donazione del sangue. L’argomento ancora suscitava arcaiche paure nell’immaginario di una vasta fascia della popolazione, ma era una pratica già studiata e consolidata a livello medico-scientifico. Se la scienza medica aveva già individuato la strada per salvare molte vite umane, nella pratica ancora scarseggiava la… "materia prima". Così i fondatori del sodalizio montevarchino non si dedicarono solo alle donazioni, ma anche ad una fondamentale opera di allargamento della base sociale.