"Rotazione dei dottori? Impensabile": oncologia, la rabbia dei pazienti. Parla Gradassi

Lo scrittore da anni in cura contesta la possibilità che i medici vengano alternati tra S.Donato e provincia. "Voglio la certezza di chi mi cura"

Enzo Gradassi

Enzo Gradassi

Arezzo, 20 gennaio 2019 - «Quando vado in reparto io voglio trovare il medico che mi ha preso in cura, che conosce il mio percorso oncologico e che sa perfettamente i trattamenti che ho fatto e quelli che non posso fare perché mi provocherebbero reazioni. Sono in cura da nove anni e come può un medico che non mi ha mai visto ricostruire in pochi minuti la mia storia?».

La paura di Enzo Gradassi, che il reparto di oncologia lo conosce bene come paziente, è la paura di tutti i pazienti del reparto oncologico aretino da quando il Calcit ha fatto sapere che la Asl 8 intende cambiare l’organizzazione di questo reparto e spostare in rotazione i medici dell’oncologia tra gli ospedali delle vallate. Una decisione che il Calcit ha subito definito «dannosa e richiosa» per i medici ma soprattutto per i pazienti.

E che il direttore generale della Asl Enrico Desideri ha smorzato definendola una «idea innovativa, una interazione tra i vari specialisti, per far crescere il loro livello professionale e culturale». «Sono in terapia chemioterapica dal gennaio 2011 - racconta Gradassi - ho anche subito due interventi chirurgici, l’oncologia è diventata la mia seconda casa e già è stato un problema e un peggioramento il trasferimento del reparto dalla palazzina Calcit all’interno dell’ospedale. Non si può fare un altro errore sulla nostra pelle.

Per un paziente oncologico la cosa fondamentale è essere preso in carico da un medico, lo stesso che ti seguirà per tutto il percorso, quello che alla fine ti conosce come le sue tasche, che conosce la tua storia, i trattamenti fatti e sa già quali saranno le reazioni se si cambia terapia. Con la rotazione io come paziente rischio di trovarmi davanti un medico che non conosce il mio percorso lungo nove anni, come può ricostruirlo in pochi minuti? Rilegge tutti gli incartamenti dall’inizio alla fine o dovrò io spiegargli quello che ho fatto? Un rischio altissimo.

Io voglio il mio medico perché il rapporto di fiducia che ho instaurato con lui, di cui mi fido e a cui mi affido, è già parte determinante della cura. E poi per la crescita culturale dei medici ci sono i congressi scientifici». Un’altra preoccupazione riguarda il carico di lavoro per medici e infermieri.

«Se entra in crisi un medico - continua Gradassi - entra in crisi anche il paziente, e ricordiamoci che qui è in gioco la vita. Le utenze in reparto sono aumentate tantissimo, grazie anche alle cure che funzionano e che ci mantengono in vita, per il carico di lavoro è al limite anche se il personale è straordinario. Fra l’altro prima in reparto c’era il servizio civile, un gruppo di operatori di una cooperativa che aiutava, ad esempio, a trovare le cartelle mediche e a fare gli inserimenti.

Adesso non ci sono più, non è stata rinnovata la convenzione, e il loro lavoro, come tante altre cose che loro sbrigavano, deve essere fatto dagli infermieri. Che apporto può dare un medico che non conosce il reparto né la sua organizzazione? Siamo tutti d’accordo, se sarà messa in atto la rotazione dei medici, noi pazienti siamo disposti a fare le barricate per impedirlo».