"Rigotti non ebbe prestiti per votare contro Faralli"

Prosegue la maratona delle arringhe al maxi-processo Bpel, ieri di scena la difesa del finanziere che rischia sei anni e mezzo. Altre tre udienze da forcing

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di Salvatore Mannino

Nella lista dei "cattivi" della procura è quello che rischia di più: addirittura sei anni e mezzo se il tribunale presieduto da Gianni Fruganti dovesse accogliere le richieste dei Pm Julia Maggiore e Angela Masiello. Ma Alberto Rigotti, discusso finanziere trentino con base a Milano, ex consigliere d’amministrazione di Banca Etruria nei tempi rampanti in cui il crac pareva lontano quanto la luna, non molla, nè tantomeno molla la sua difesa. Ecco dunque che l’avvocato Daniele Rossi diventa la protagonista principale della maratona bancarotta, quella nella quale in quattro giorni (ieri era il primo) quasi tutti gli accusati big si giocheranno la speranza di evitare il colpo di scure della procura, che ha chiesto pene per un totale di 64 anni.

Inutile ricordare che fra le accuse a Rigotti la più colorita è quella che riguarda il giro di finanziamenti grazie ai quali nel 2009, alla vigilia del Cda decisivo, sarebbe riuscito a sanare la sua posizione debitoria nei confronti della banca, evitando così la decadenza da consigliere ed esprimendo uno dei voti decisivi per la defenestrazione dell’antico padre-padrone Elio Faralli. Lui nega tutto e altrettanto fa la sua difesa: prestiti normali, che non c’entrano nè con la permanenza in carica nè tantomeno con il voto in favore dell’avvento del nuovo presidente, Giuseppe Fornasari.

5secondo i Pm, il buco che il finanziere lascia nei conti di Bpel è molto più consistente di quell’operazione all’apparenza spregiudicata: ben 21 milioni che l’avvocato Rossi contesta punto per punto: Rigotti, spiega, non era nemmeno amministratore delle società, alcune con sede in Lussemburgo e considerate a lui riferibili, che ricevettero i prestiti poi finiti in sofferenza.

Subito dopo tocca al professor Alessandro Traversi, di questi tempi noto come difensore di Dante nel processo simbolico che vorrebbe restituirgli l’onore rubato dai fiorentini con la condanna all’esilio, che assiste Andrea Orlandi, uno dei più noti fra i consiglieri aretini: il fatto non sussiste, dice lui a proposito del suo cliente, in relazione alla madre di tutte le sofferenze, quella di Sacci. Richiesta di assoluzione, dunque, come nel pomeriggio fa Luca Fanfani per l’ex sindaco revisore Gianfranco Neri: è la stessa procura, dice, che considera i sindaci come indotti in errore e perciò accusati di sola bancarotta colposa. Perchè chiamare loro e non i destinatari dei grandi finanziamenti in fumo come Verdiglione o quelli dello Yacht Etruria?

Da domani si replica, per tre giorni di fila: fino a sabato, ultima tappa della maratona Etruria. Poi solo silenzio, in attesa della sentenza prevista per settembre.