Quel treno per l’Abruzzo alimentato ad idrogeno

Un progetto innovativo da Sansepolcro a Sulmona passando dall’Umbria. Elaborato all’istituto superiore Sant’Anna di Pisa: già studiata la fattibilità.

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di Dory d’Anzeo

Da Sansepolcro a Sulmona, passando per Terni e Rieti. Come? Con un treno a idrogeno. Un progetto innovativo e sostenibile per il recupero di una tratta – anche se tecnicamente sono due – che ha una storia lunga e travagliata. Una stazione praticamente fantasma e binari immersi dall’erba. Il laboratorio sul treno a idrogeno è stato proposto da Giuseppe Rinaldi di Ancitel Energia e Ambiente S.p.a. ed è stato supervisionato per la parte accademica da Marco Frey, docente all’Istituto di management della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa e direttore del master, e da Francesco Rizzi, docente all’Università di Perugia. Ed è proprio Frey a spiegare i dettagli del laboratorio: "La proposta di Ancitel di lavorare sulla ferrovia è arrivata proprio perché c’era già un progetto su questa tratta.

Nel percorso abbiamo sentito anche altri soggetti, tra cui Rfi (da giugno 2019 gestore della tratta a seguito della firma di un protocollo d’intesa nda) e abbiamo cercato, quindi, di capire come poter integrare la funzionalità del treno a idrogeno con le fonti di energia rinnovabili. I risultati del nostro studio di pre – fattibilità hanno dimostrato che i nostri assunti erano corretti".

Il gruppo di lavoro ha approfondito aspetti tecnici e normativi legati all’uso dell’idrogeno come combustibile alternativo e ‘verde’, vale da dire generato da fonti energetiche rinnovabili. È stata inoltre considerata la fattibilità tecnica del progetto, in termini di produzione, rifornimento, consumo, approvvigionamento energetico e di infrastrutture ausiliarie. È stato ricostruito il quadro di riferimento generale e sono state studiate le tratte ferroviarie in esame e il gruppo di lavoro ha anche evidenziato e confrontato aspetti tecnici, economici ed ambientali.

Per l’analisi tecnica, è stato fatto un confronto tra diversi scenari di approvvigionamento energetico. Per quanto riguarda il funzionamento del treno a idrogeno, Frey spiega che è più semplice di quanto si possa pensare: "Bisogna collocare un elettrolizzatore più vicino possibile alle linea o alla fonte di energia rinnovabile. Con l’idrogeno prodotto si alimenta la movimentazione del treno.

Gli altri aspetti, come la velocità, sono legati alla programmazione. Ad esempio, il nostro progetto ha tarato la movimentazione su un minimo di otto treni, quelli che circolavano prima della chiusura di tre anni fa, ma si auspica che possano essere molto di più".

Come già spiegato, si parla di uno studio di pre fattibilità; quanto siano concrete le possibilità che il progetto diventi realtà ancora non è dato sapere, continua Frey: "Da parte nostra, come università, abbiamo sempre dato la massima disponibilità per tutto quello che è di nostra competenza. Quello che ho potuto verificare di persona in questi giorni è che l’interesse è concreto, sia dal punto di vista imprenditoriale, parlo quindi delle aziende coinvolte senza dimenticare Rfi, sia dal punto di vista istituzionale".

Un progetto che sembra avere solo vantaggi, anche in campo turistico, conclude Frey: "Credo che un treno a idrogeno abbia un fascino anche per un turista che voglia visitare la nostra Penisola. Il progetto è molto attrattivo, perché combina l’esigenza di recupero di linee poco usate a soluzioni moderne e sostenibili". Un’idea che incrocia una stazione, Sansepolcro, che da anni si coccola il sogno di un asse con Arezzo mai nato. E se ora la riscossa arrivasse dalla parte opposta?