ALBERTO
Cronaca

Quel treno oltre la guerra La prima corsa sulla linea dopo lo stop delle bombe Resta il filmato del viaggio

Videoamatore realizzò le riprese alla riapertura dell’Arezzo-Stia. Immagini recuperate da Piero Comanducci e ora riproposte. Carrellata di volti e folla in tutte le stazioni: era il settembre 1950.

Quel treno oltre la guerra  La prima corsa sulla linea  dopo lo stop delle bombe  Resta il filmato del viaggio
Quel treno oltre la guerra La prima corsa sulla linea dopo lo stop delle bombe Resta il filmato del viaggio

Alberto

Pierini

Monsignor Mignone alza ritmicamente l’aspersorio nel piazzale della Stazione. Siamo lì, a fianco del mitico binario 1, quello che è tuttora puntato come una freccia verso il Casentino e la Valdichiana. E che quel giorno ritrova la sua strada. E’ il 24 settembre del 1950. E c’è una città in festa a dare l’ultima spallata alla guerra. Perché la linea ferroviaria minore era interrotta dal 20 giugno 1944. In realtà la percorribilità era già molto ridotta dalla fine del 1943, la stazione era stata bombardata a dicembre. Poi nella loro ritirata i soldati tedeschi avevano distrutto una bella fetta del materiale rotabile e degli impianti fissi. Imponendo lo stop. Uno stop che sarebbe durato sei anni, fino a quel 24 settembre.

Una festa popolare, con una folla compatta in tutte le stazioni che il primo convoglio avrebbe attraversato e dove si sarebbe fermato. Una corsa, sia pur ai ritmi dell’epoca, verso il Casentino. E della quale è rimasta una traccia profondissima: quella delle riprese eseguite da Umberto Mori. Era uno dei pochissimi cineamatori di quegli anni.

Baffetti neri, una bella famiglia immortalata nelle foto come in certi quadri impressionistici: si era inventato un vero logo, "umberto mori video". Era in azione dagli anni ’30; e di quegli anni ha uno scrigno infinito, dalle Giostre ai quartieri ai volti della gente. Anche lui, come la ferrovia, era entrato durante la guerra su un binario morto, come se le bombe ne avessero fermato la fantasia. E anche lui riemerge con quel video. L’ultimo del materiale ritrovato.

Di alta qualità, segno che dagli anni ’30 aveva cambiato la cinepresa e si era attrezzato. Alla sua morte quel materiale è stato raccolto con passione da Piero Comanducci: albergatore sì ma dalle mille passioni. Tra le quali proprio la ripresa amatoriale. Amico di famiglia dei Mori, erano stati loro a invitarlo a mettere le mani nei bauli in soffitta, strapieni di pellicole, tutte ordinate ma tutte da curare.

E Comanducci si era affidato ad uno studio specializzato di Roma per digitalizzare quelle immagini. Un lavoro di montaggio attento, come sapeva fare lui, e che da qualche mese il figlio Marcello, ex assessore, rilancia di settimana in settimana sul suo profilo Facebook. Ogni domenica uno, pillole di memoria che trovano un pubblico attentissimo. Perché Mori oltre a migliorare le riprese aveva perfino cominciato a intervallare le scene con dei "ciak": lavagnette sulle quali spiegava la scena e la vita che stava raccontando.

"Inaugurazione del tronco ferroviario Arezzo-P.Vecchio-Stia": ed ecco le volute del fumo sprigionarsi dal treno a vapore, al quale era affidata la prima cosa. I lavori di elettrificazione sarebbero stati completati solo nel 1954. E negli anni della sospensione dell’esercizio era cominciata la spinta politica a ripristinarlo: a spingere tra gli altri un certo Amintore Fanfani, che ancora non si era inventato la curva fatidica dell’autostrada. Nel settembre del 1947 il ministero dei trasporti autorizzò la ricostruzione della Arezzo-Sinalunga. Riaprì tra il 1948 e il 1949. Ma i lavori sarebbero stati ultimati proprio in quel fatidico 1950, con la ricostruzione della galleria della Castellina, tra Foiano e Sinalunga. E la corsa proseguì sui tavoli della politica, nelle trattative tra la Lfi e la Società Veneta per unificare la gestione del ramo della Valdichiana con quello verso Stia, la Ferrovia del Casentino aperta nel 1888.

Storia che Piero Muscolino avrebbe ripercorso in tutti i dettagli nel libro "Le ferrovie secondarie di Arezzo". E c’è anche quel 24 settembre, che nelle immagini di Mori diventa un reportage, Fresco della benedizione di Mignone, il treno continua la sua corsa. "A Giovi accoglienza festosa" scrive nel suo ciak Mori. Intorno al treno un vortice di bandiere in festa e la folla lungo i binari, come quando nei film di Don Camillo il Vescovo lo manda in esilio. Con occhio da regista Mori sceglie l’inquadratura: una delle porte aperte del treno, che ne incornicia le immagini. Distinti signor in giacca e cravatta camminano sui binari, mentre ai bambini è lasciata la prima fila. E poi avanti, un altro muro di folla a Subbiano, come in coda per vedere il passaggio del treno. "Una delle opere più importanti il ponte sull’Arno in localita’ La Gravenna, fu colpito una prima volta con bombe e poi distrutto con mine".

La lavagnetta di Mori diventa meticolosa prima di inquadrare le arcate immerse nel fiume. Il fumo continua ad avvolgere il convoglio e il Casentino. "A Bibbiena oratori illustrano lo sforzo compiuto per la ricostruzione della ferrovia": la parola ricostruzione è spezzata per l’accapo, con il doppio trattino che ci avevano insegnato a scuola.

Gli oratori sono su una terrazza, la gente in basso. Ma la macchina di Mori carrella tra i volti, tra le cravatte, tra i vestiti buoni delle donne. Una passerella infinita, piano sequenza che ricorda il Tornatore de "L’uomo delle stelle". "Gli abitanti di P.Vecchio accolgono il primo convoglio con manifestazioni di gioia". Altri volti, altri vestiti, la stessa festa. Il treno a ricucire due mondi, annunciandolo da lontano con i segnali di fumo.