Ponte d’oro: 8 dicembre dei record Mercatini oltre quota mezzo milione

Centotrentamila presenze solo ieri, muro invalicabile sul Corso. Rallentamenti in A1 all’entrata e all’uscita. La beneficiata di locali e bar, circolazione e sistema della sosta in ginocchio. Code dappertutto

Migration

di Alberto Pierini

AREZZO

"Socia, ma Arezzo non dicevano che era una città tranquilla?": quattro turisti romagnoli si divorano una schiacciata con la mortadella all’inizio di via Bicchieraia. Seduti in un angolo, a due metri dalla pazza folla. Che continua a stringere d’assedio il centro. Il ponte parla solo aretino. Un assalto senza sosta, dalle 10 di mattina, minuto più minuto meno, fino alla tarda serata.

La Città di Natale piazza sul ponte un ruggito da Metro Goldwin Mayer: non puoi seguire in diretta l’andamento turistico delle altre piazze delle feste ma è chiaro che di qui passa il mondo. UN fiume in piena di turisti. Parte sbucano dalle scale mobili, il resto dal Rossellino, piazza della Badia e dalla parte bassa del Corso. I primi segnali erano arrivati dall’autostrada, che la mattina segnalava rallentamenti fino ad un chilometro di coda tra Monte San Savino e Arezzo. E stavolta la causa era davvero una sola: il Natale.

Gli ultimi segnali in serata: gli incolonnamenti per uscire dal casello, uniti alla coda al piccolo passo sugli otto chilometri del raccordo. Arezzo c’è e comincia a farsi vedere. Il richiamo contagioso dei mercatini tirolesi si accompagna ad un percorso nel quale nessuno ha il tempo di fiatare.

Perfino i banchi dei produttori sotto i Portici, un classico dei sabati di Fiera esteso anche al Natale. Intorno alle 14.30 conti 35 persone in coda per un panino alla porchetta, uno dei pochi gusti che trovi solo lì, essendo stati esclusi dal mercatino del Prato e avendo poco a che spartire con quello tirolese. Ci sono anche i tartufi, con un bel gruzzolo di clienti perfino loro. Un colpo d’occhio senza stecche. Ma che trova comunque la punta dal Canto de’ Bacci in su.

Da lì non si passa. E si passa solo di profilo, stile antico Egitto, sia in via Seteria che in via Vasari, le direzioni più o meno obbligate di uscita e di entrata di piazza Grande. Nella quale non ti muovi. L’unica scelta è quella di assecondare la folla, seguirne i movimenti e farti trasportare da un banco all’altro.

La Città di Natale pesca sul ponte il suo risultato più importante: almeno 130mila presenze, roba da far impallidire città turistiche più affermate della nostra e di riscrivere i diari di bordo delle gite fuori porta.

Il totale complessivo supera il mezzo milione da quel 18 novembre, il debutto sotto la pioggia. E lo supera pur avendo annacquato due o tre giornate chiave, proprio tra i fulmini del maltempo.

Ma la formula è inossidabile e travolgente. Al Prato tutti sono sotto assedio, in via Bicchieraia c’è il passeggio insistito di chi cerca di evitare la calca del Corso, via Cesalpino torna alle punte di altre epoche. I locali hanno finito il loro margine di assorbimento. Perché sopra il tutto esaurito c’è solo un altro esaurito. Se non trovi camere le vai a cercare fuori, in provincia o altrove. Se non trovi da mangiare vai in periferia. Se il traffico si inchioda stai fermo.

Il massimo successo corrisponde ad un campanello d’allarme. Ci sono gruppi che girano per trovare un posto alla macchina un’ora e mezzo, ad un passo dalla resa. I bagni sono aumentati (a parte gli jellatissimi di via Bicchieraia già guasti) ma già non bastano più. I ristoranti oltre quattro turni a tavola non possono andare. Capitoli da riscrivere nel 2023: non per perfezionismo ma perché non è detto che la voglia di superare i disagi sia sempre la stessa e quindi non perdere la priorità acquisita.

I nuovi arrivati nel chiostro del Petrarca, artigiani soprattutto della gastronomia, si dividono tra torme di clienti. Da piazza Grande vedi sbucare i titolari o i dipendenti dei banchi per andare a trovare pane e viveri. I rifornimenti sono agli sgoccioli, il ponte continua, il Natale è una macchina implacabile. Socia, ma non era una città tranquilla?