Piovra, intervista al Pm antimafia: "La vostra provincia infiltrata dai casalesi"

Cesare Sirignano il giorno dopo il primo allarme conferma a La Nazione Arezzo i suoi timori. Quali i segnali di camorra e di ndrangheta. "Arezzo nuova frontiera"

Cesare Sirignano, sostituto procuratore nazionale anti-mafia

Cesare Sirignano, sostituto procuratore nazionale anti-mafia

Arezzo, 21 marzo 2018 - Il sasso l’ha lanciato nel corso di un convegno proprio a Casal di Principe, la terra del clan dei Casalesi, ricordando Don Peppe Diana, sacerdote ucciso dalla camorra: «Alcune province toscane, penso ad Arezzo e Lucca, sono diventate ‘Casalesi’, non solo per la presenza di tanti emigranti ma di imprenditori legati ai clan». Il giorno dopo Cesare Sirignano, Pm della direzione nazionale antimafiacon un passato di inchieste di camorra alla Dda di Napoli, non si tira affatto indietro: «E’ così - spiega interpellato da La Nazione - ormai la Toscana in generale e alcune province fra cui la vostra in particolare sono terra di infiltrazione camorristica, in particolare dei casalesi».

E’ almeno dal 2006 dell’uscita in libreria di «Gomorra», il best-seller di Roberto Saviano, che si inseguono gli allarmi sulla presenza della Piovra nell’aretino, confermata anche da inquietanti episodi come arresti di latitanti, saliti magari fin qui per evitare di finire ammazzati in qualche scontro fra clan, sequestri di beni provento di investimenti illeciti, addirittura un omicidio di Ndrangheta, quello dei fratelli Talarico nel 2008 a Terranuova.

«Casalesi e affini - spiega Sirignano - ad Arezzo e nel resto della Toscana, io mi sono occupato soprattutto di Lucca, ci arrivano per investire in attività lecite, approfittando del fatto che siete economie ricche. Da voi, non hanno alcun interesse a sparare, a usare la violenza, lo scopo è di mettere un piede nell’economia pulita, di lavare i soldi sporchi trasformandoli in profitti legali».

In effetti, segnali di infiltrazioni di tal tipo ce ne sono stati molti negli ultimi anni. Basterà ricordare l’ultima inchiesta di novembre che dal Valdarno fiorentino si allargava a quello aretino, con un imprenditore aretino finito indagato o i ripetuti sequestri di un albergo di Anghiari. Nell’aretino i clan ci sono arrivati fra gli anni ’80 e ’90 seguendo due strade principali: talvolta l’assegnazione di qualche boss al soggiorno obbligato più spesso i lavori di costruzione della Direttissima, con le ditte di movimento terra spesso legate a doppio filo con i clan camorristici, in particolare i casalesi.

Una presenza sospetta che si muove soprattutto lungo una linea immaginaria dalla Valdichiana al Valdarno, seguendo il percorso della linea veloce ferroviaria e dell’Autosole. Ci sono stati anche episodi eclatanti come l’arresto di un imprenditore di origini campane, Giovanni Potenza, sospetto casalese, che aveva creato un piccolo impero nell’edilizia.

Fino a infiltrarsi nel cantiere dei Grandi Uffizi. Vanno ricordati anche (ma qui siamo in tema di Ndrangheta) gli appalti sospetti emersi la scorsa estate per le due discariche valdarnesi di Podere Rota. Coinvolti i clan Grande Arachi di Cutro (Crotone), investito anche dall’inchiesta Aemilia, e Commisso di Siderno (Reggio Calabria).