Piazza Grande, una ‘lizza di lana’ per il Calcit

Mattonato interamente rivestito di coperte: una signora ne fa 90 da sola, due centenari al lavoro per mesi. Incasso sopra i 30 mila euro

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Lavoravano in coppia: lei 94 anni, lui 95. Segni particolari marito e moglie. Hanno lavorato insieme nei mesi lunghi della pandemia, quando un po’ per il virus e un po’ per l’età mettere il naso fuori casa era praticamente impossibile. E così sono diventati "operai" del Calcit. "Hanno raggomitolato centinaia di gomitoli: e ad un certo punto siamo corsi a procurargli altra lana perché l’avevano finita". Storie di solidarietà. Una solidarietà antica, o almeno datata: nata nel 1978 e che da allora tiene banco e banchi in città.

Ieri il Calcit ha trasformato piazza Grande. 1530 coperte di lana sul mattonato: colori diversi, disegni diversi, lavorazioni diverse. Ma un solo scopo: portare fieno alla cascina del comitato.

"E’ stata una delle operazioni più importanti da sempre e ci è costata mesi di lavoro" racconta Giancarlo Sassoli, il presidente del Calcit. Non si riferisce all’incasso ma di sicuro sarà buono. All’ora di pranzo le coperte erano dimezzate: e sparse alle 7 di mattina ovunque. Dalla colonna infame al pozzo, dalle logge alla terrazza di Fraternita. Esposte in buon ordine.

Tutte uguali almeno nelle misure: ognuna un metro per un metro, l’indicazione data all’inizio di questa avventura. "Ne ho fatte novanta" racconta Maurita Sereni come se fosse uno scherzo. E invece è una realtà, testimoniata dalla "lizza" di lana che avvolge il mattonato da una parte all’altra. Ma che all’ora di pranzo comincia a cedere, perché centinaia di coperte hanno già preso il volo. Trenta euro l’una moltiplicato 1530 fa quasi cinquantamila euro. Non saranno arrivati tutti ieri ma almeno la metà sicuramente sì. E comunque la cosa continua. "Le riproporremo intanto a Monte San Savino sul Corso" spiega Sassoli. Dal Monte arriva anche Maurita. "Per ogni coperta ci sono voluti due giorni di lavoro": il calcolo del tempo, suo e di tutti, lo affidiamo ai pallottolieri.

E racconta questa ennesima impresa firmata Calcit. Su un tavolo ci sono decine di buste bianche, quelle che servono a portare via la coperta. "Le buste le abbiamo affidate ai bambini, ognuno l’ha personalizzata da par suo". Le generazioni del Calcit si sono così nuovamente incrociate come nei mercatini ordinari: le nonne con i ferri, ma anche i nonni con i gomitoli non hanno scherzato, e i bambini con le buste. Molti si sono ispirati alla guerra, che fa paura quasi quanto il tumore, il nemico del Calcit: i colori giallo e blu sono gettonatissimi. Ma poi la fantasia la fa da padrona.

Ci sono bambini che si sono ispirati ai simboli delle regioni, spaziano dalla Lombardia all’Abruzzo, chissà in base a quale principio. "Beautiful" esclama una turista di fronte all’infinito tappeto di lana. Corrono a spiegarle che è un’occasione straordinaria, che sotto c’è il mattonato e le coperte non fanno parte del classico look della città. Forse capisce, forse no: lo scopriremo vedendo se in futuro arriverà qualche inglese a caccia di coperte.

Alberto Pierini