Piazza Grande riaccende la gloria di Arezzo

Dai fratelli Carboni a Pellicanò a Malisan per celebrare il miracolo del 1982 quando il Cavallino volò in serie B facendo sognare l’intera città

Migration

Iniziava con Pellicanò-Doveri-Zanin la preghiera laica di un’intera generazione di tifosi dell’Arezzo.

Quella formazione che nel 1982 vinse un campionato contro ogni pronostico si è ritrovata ieri sera

in piazza Grande per festeggiare quel traguardo che poi portò il Cavallino a giocare in stadi mitici

del calcio italiano come l’Olimpico e San Siro.

La notte di festa è iniziata e finita con la musica: prima l’inno che accompagnò la cavalcata nel girone sud della C1, quello di Assuero Verdelli cantato dal Ghigo, poi quello che da quell’impresa sportiva fu ispirato, la Canzone Amaranto scritta da Pupo.

Il 30 maggio 1982 è una data-simbolo perché fu il giorno dell’apoteosi, la vittoria 4-1 con la Paganese, i caroselli in città che andarono avanti fino a notte inoltrata, anticipo di quelli dell’11 luglio quando l’Italia diventò campione del mondo per la terza volta.

La festa organizzata dal Museo Amaranto con la terrazza della Fraternita utilizzata come palcoscenico è iniziata con la discesa in piazza di Signa Arretii e del Gruppo Musici seguiti dalle giovanili dell’Arezzo maschile e femminile, oltre alla prima squadra della donne che è approdata in

serie B dopo un campionato da record. Per la serata sono state realizzate anche delle magliette

celebrative grazie a Chimera Gold che riproducono la maglia amaranto di quella stagione e alcuni cappellini regalati ai ragazzi delle giovanili. C’erano tanti ragazzi del 1982 con i capelli radi o

imbiancati e qualche chilo di troppo: mancavano il bomber Gritti e il mastino Doveri ma c’erano i fratelli Carboni, Pellicanò, Mangoni, Neri, Malisan, Vittiglio, Ardimanni, Zandonà e Butti, che è anche il presidente del Museo. Durante la presentazione della serata sono stati svelati aneddoti e ricordi dolci del sergente di ferro in panchina Angelillo e del presidente-babbo Terziani che non ci sono più. Scomparsi come quel calcio fatto di passione ed entusiasmo che ancora ci fa battere il cuore. Quarant’anni dopo.

f.d’a.