Perizia choc: sotto la E45 rifiuti pericolosi e amianto tre volte sopra i limiti

Secondo l'esame tecnico eseguito dopo il crollo della piazzola non ci sarebbero solo terra e roccia ma conglomerati diversi. Ora altri carotaggi

La voragine sulla E45

La voragine sulla E45

Arezzo, 3 ottobre 2018 - Il titolo La Nazione l’aveva anticipato dieci giorni fa: «E45, la superstrada-rifiuto». Quasi una profezia che adesso trova conferma nella superperizia appena consegnata al Gip Piergiorgio Ponticelli: il materiale della frana di febbraio fra le due uscite di Pieve Santo Stefano, quello che era stato frettolosamente rimosso nel marzo scorso per essere stoccato in un deposito di Sansepolcro dove lo sequestrarono i carabinieri forestali della procura, non era fatto di roccia e detriti di scavo ma deve essere classificato come rifiuto speciale pericoloso.

Conferma dell’ipotesi d’accusa contenuta nel fascicolo aperto dal procuratore capo Roberto Rossi e persino peggio. Perchè allora si era pensato sì a rifiuti speciali ma non pericolosi, adesso invece si scopre che erano anche pericolosi, una miscela in cui è presente l’amianto, in concentrazione tre volte superiore rispetto ai limiti di legge.

E l’amianto, come sta scritto nero su bianco nella consulenza predisposta dallo studio Boeri di Livorno, uno dei più qualificati d’Italia che ha lavorato anche nell’inchiesta su Mafia Capitale, è cancerogeno. Intendiamoci: non è che chi passa sulla E45 rischi di ammalarsi. Almeno quello no.

Però vuol dire che la rimozione del materiale franoso e il suo smaltimento avrebbero dovuto avvenire secondo tutt’altri criteri che un semplice stoccaggio in un deposito all’aria aperta. Trovano dunque ulteriore appiglio i reati ipotizzati nelle indagini e nel sequestro: abbandono e smaltimento illecito di rifiuti pericolosi.

Quella tuttavia è solo una tranche dell’inchiesta complessiva nella quale si prefigura il disastro colposo per il clamoroso cedimento della piazzola della superstrada avvenuto in inverno. C’è in ballo un’altra superperizia, stavolta affidata dalla procura, tra i possibili scenari c’è quello del cedimento strutturale. Il che pone inevitabilmente la domanda: la qualità del materiale ora classificato come rifiuto speciale può avere influito? E se sì, quanti chilometri della E45 sono stati costruiti con quel tipo di massicciata?

A Palazzo di giustizia adesso ipotizzano ulteriori carotaggi del tracciato per verificarlo, ma la competenza dei Pm aretini si ferma al confine. Un lavoro di scavo più approfondito e una decisione su come procedere per la grande arteria spettano eventualmente, si fa notare, al ministero delle infrastrutture. Agli atti rimane quanto risulta fino ad oggi.

Dopo il sequestro di marzo nel deposito, la procura aveva pensato subito di affidare una perizia. Fu uno degli avvocati difensori degli indagati (uomini dell’Anas e delle ditte di romozione e stoccaggio), Roberto Alboni, a chiedere che le verifiche si svolgessero sotto forma di accertamento irripetibile affidato dal Gip.

Le analisi delle ditte, consegnate proprio il giorno del blitz della Forestale, parlavano di un materiale «pulito», i risultati di adesso dicono altro. Qualcuno spiega ora che possa trattarsi di serpentino, minerale estratto da una cava appenninica che contiene amianto in natura. Ma in queste concentrazioni? E quanta E45 è stata costruita con questa miscela potenzialmente pericolosa? La risposta è ancora di là da venire.