Pasqua da reclusi in casa: flussi al meno 40% Crollo per l’economia turistica, 5 milioni sotto

La festa in controtendenza con la settimana santa e anche con la domenica delle Palme che aveva visto movimenti stabili o in aumento. Pesano sui centri storici e le città d’arte lo stop all’Antiquaria e la mancata partenza della stagione degli eventi

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di Salvatore Mannino

Altro che la Pasqua con chi vuoi dei tempi normali. Qui resta solo la Pasqua dentro casa, quella che gli aretini hanno appena trascorso, diversa dal Natale solo perchè facevano meno freddo (ma molto più della settimana santa)e ha fatto buio assai più tardi (gli unici miracoli che ancora resistono, quelli dell’ora legale) Come al solito, parlano le impressioni visive di una città, anzi delle città, considerando pure la provincia, in gran parte deserta, ma soprattutto parlano i numeri di Enel X, l’ormai classica mappa della mobilità degli aretini in tempo di pandemia.

Bene, gli spostamenti del giorno di Pasqua sono calati del 39 per cento rispetto alla domenica delle Palme. Il crollo rispetto all’ultimo periodo di normalità è quasi verticale, il 49 per cento in meno, flussi praticamente dimezzati, l’unica risalita è nel confronto col lockdown della primavera 2020, quando il capoluogo e gli altri centri principali erano davvero città fantasma: più 72 per cento, che è anch’esso un numero solo apparentemente eclatante, perchè finora la crescita non era ai scesa sotto il cento per cento e ben oltre. Non a caso, i chilometri percorsi da coloro che si sono mossi vanno giù del 59 per cento, molto al di là del calo degli spostamenti. Ci si muove di meno e anche per distanze minori.

Quel meno 39 per cento, oltretutto, è un numero totalmente in contrasto con quanto che era successo durante la settimana santa che qui è stata per intero una settimana rossa. Se dal lunedì al sabato i flussi erano stabili o addirittura in crescita, quasi che gli aretini avessero trovato una qualche forma di convivenza e di adattamento con le restrizioni più dure, la Pasqua segna una decisa inversione di tendenza in negativo. Sorprendente ma fino a un certo punto: rispetto ai sette gioni precedenti e anche alla Domenica delle Palme, non c’erano neanche i supermercati aperti, con l’incombenza della spesa. Gli unici motivi per uscire erano il caffè (o l’aperitivo) d’asporto al bar e le edicole per il giornale. Il che ha veramente scarnificato i flussi in entrata e in uscita.

Per la cronaca, nella loro pochezza, la principale meta, in ingresso come in trasferta, è stata Firenze, seguita da Siena, Perugia e Forlì-Cesena (un rivoletto). Come a dire le province confinanti per quanti avevano un motivo valido di non restare a casa. Poi la possiamo vedere dal lato del costume, cioè degli aretini che disciplinatamente, per il secondo anno consecutivo, si adeguano al monito: restate a casa e senza assembramenti. Oppure possiamo guardarla dalla visuale dell’economia turistica ed è la cronaca amara di un altro disastro.

Avrebbe dovuto essere il week-end dell’Antiquaria, come a dire un paio di milioni di indotto per le attività del centro storico che boccheggiano tra asporto e scioperi della fame dei più disperati. Avrebbe dovuto essere anche l’apertura della stagione turistica di Cortona, che invece resta la dannunziana città del silenzio, e un picco di presenze per gli altri richiami turistici, il castello di Poppi, i santuari della Verna e di Camaldoli, i capolavori di Piero della Francesca in Valtiberina. Tutto sommato, non si va lontano dal vero, a stimare che siano andati in fumo almeno cinque milioni di affari, considerando una Pasquetta che è stata altrettanto magra della festa maggiore.

Il centro storico all’ora di pranzo faceva quasi impressione, col rumore dei tacchi che rimbalzava nitido sul selciato svuotato di presenze animate. Poi, un po’ più di animazione nel pomeriggio, in centro come nei parchi, unica meta possibile di una mini-gita dentro anzichè fuori porta. Abitudine ormai: tredici mesi dopo ci siamo dimenticati di come fosse dolce il vivere, anche banale, della normalità.