"Noi fra i primi positivi e ancora traumatizzati" Paolo e Simonetta, quei giorni dell’incubo

Lui in rianimazione per 15 giorni, lei ventilata con il casco. "Quando mi risvegliai pensavo di essere all’obitorio, vedevo solo letti coperti con panni verdi". Restano difficoltà respiratorie, aspettiamo giornate ventose perché ci danno aria". Come iniziò

personale sanitario

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di Francesca Mangani

Quando si è risvegliato dal periodo di rianimazione credeva di essere all’obitorio: intorno a lui solo corpi immobili coperti da teli verdi. Oggi, ad un anno di distanza, rincorre il vento per far entrare più aria nei polmoni. "Mi dà la sensazione di respirare meglio" racconta. Lui è Paolo, ha 64 anni e vive a Poppi. Un anno fa la notizia del suo contagio lasciò con il fiato sospeso l’intero Casentino. Era l’inizio della pandemia che ha cambiato per sempre la storia.

"Sono passati 12 mesi da quel maledetto 24 febbraio 2020, quando iniziai ad avere i primi sintomi. Vedo immagini di assembramenti in strada, giovani con mascherine abbassate e perfino negazionisti del virus che credono sia tutta un’invenzione: questo mi fa molto arrabbiare, è uno schiaffo a chi lotta ogni giorno per sopravvivere e a chi lavora in prima linea, mettendo a rischio la propria vita".

Insieme a Paolo si ammalò anche la compagna, Simonetta. Non hanno mai capito dove furono contagiati e da chi: dopo una settimana di sintomi inizialmente riconducibile a una banale influenza, il loro quadro clinico si complicò e la coppia decise di chiamare la guardia medica. Il giovane dottore arrivò con guanti e mascherina e diagnosticò ad entrambi tracheobronchite. La mattina dopo comparve l’oppressione al petto e la difficoltà respiratoria. Il medico decise di mandare subito un’ambulanza che portò prima Paolo, poi Simonetta al S.Donato. L’ospedale era in preallarme, ad attendere due dei primi casi di sospetto Coronavirus c’erano tutti i medici.

Le loro condizioni inizialmente non erano gravissime, ma cambiarono repentinamente. Paolo fu sedato e intubato ed entrò in rianimazione dove rimase per 15 giorni, Simonetta invece fu messa sotto il casco. Un’esperienza raccontata come loro da Lorenzo Stocchi, un altro contagiato aretino, perfino a "Porta a Porta". " Un’esperienza terrificante, non ricordo il momento in cui fui sedato, ma non riesco a dimenticare i terribili incubi che facevo – racconta Paolo – quando mi risvegliai attorno a me c’erano solo persone coperte da teli verdi, alcune morirono giorni dopo. Credevo di essere all’obitorio. Fui dimesso dall’ospedale dopo 22 giorni di ricovero con l’ossigeno, ancora positivo, perché i posti iniziavano a scarseggiare. Simonetta invece tornò a casa negativa ma continuava a non stare bene, spesso le passavo il mio ossigeno per darle sollievo".

Un anno dopo il Covid è sconfitto ma restano i sintomi, tanti, che il virus ha lasciato. "Abbiamo ancora la sensazione di non respirare, aspettiamo le belle giornate ventose perché ci danno la sensazione di respirare meglio – raccontano – purtroppo oltre ai ricordi, alle conseguenze psicologiche, agli incubi e alle immagini che non riusciamo a dimenticare, abbiamo ancora sintomi. Difficoltà a respirare, confusione mentale e ridotta sensibilità degli arti".

Tutt’ora fanno parte della follow up per pazienti post covid della Regione Toscana e vengono regolarmente sottoposti a test clinici per capire l’evolversi dei sintomi e i danni lasciati dalla malattia. Una prova difficilissima la loro, fisicamente e mentalmente. "Abbiamo affrontato la stessa malattia, ci supportiamo a vicenda – spiega Paolo – è necessario fare di tutto per non contrarre la malattia, ma se ci si ammala è importante avere coraggio e non mollare, perché si può guarire. Non finiremo mai di ringraziare il dottor Tacconi e il dottor Feri, primari dei reparti di rianimazione e malattie infettive, per averci salvato la vita. Ma il mio grazie va a tutti i medici del San Donato che sono stati davvero straordinari".