Nel tunnel della malattia, la risalita alla luce

"Ti senti crollare il cielo addosso, mai sentirsi vinte". L’odissea di Anna, l’incubo per la mutilazione. " Ma si è donna completa sempre"

Migration

di Gloria Peruzzi

AREZZO

Sprofondare nella malattia è duro. Ti sconquassa la vita. Ciò che abbiamo sentito nel racconto altrui si impossessa di noi e all’improvviso ci scopriamo fragili, impotenti, minacciati da un nemico subdolo. Ti crolla il mondo addosso. E’ l’inizio di un incubo. Scopri la paura, il dolore, hai il fiato mozzato, la bocca arida e gli occhi privi di lacrime. Ti aggrappi con tutte le forze alle persone che ami per risalire dal quel baratro oscuro in cui quel mostro, il cancro, ti ha gettato. Ti accorgi, forse per la prima volta, che la vita che stavi vivendo un attimo prima non è poi così piatta come pensavi, tutt’altro.

Possibile che serva una malattia a farci voltare lo sguardo verso quell’ "essenziale (altrimenti) invisibile agli occhi"? Anna Mazzoli, senese, nata a Montepulciano nel 1945, scrive nel suo diario-memoria "La voce del dolore" gli anni della malattia, dalla sua scoperta nel 2002 alla conclusione, nel 2004, quando gli esami confermano, fortunatamente, che il male è stato sconfitto. Una parabola dolorosa, purtroppo comune a quella di molte donne, che Anna vuole condividere fin dall’inizio.

In quell’alternarsi quotidiano di speranza, timore, ansia, angoscia che accompagnano i giorni di malattia e poi di cura, Anna comincia a scrivere e racconta tutto. Ha cinquant’otto anni, quando, nonostante i regolari controlli sanitari, scopre che quel piccolo nodulo comparso sul limite dell’ascella sinistra è un tumore al seno: " Sono le 21:30, squilla il telefono, vado, alzo la cornetta e la voce del chirurgo risuona come un tuono in un cielo che sta richiudendosi su di me, sulla mia casa, sui miei cari. Il chirurgo scandisce le parole con tono fermo, professionale, mi informa dell’esito della risonanza, NEOPLASIA al seno.

Non sento più, ascolto, assente, priva di fiato e priva di battiti. L’intervento sarà radicale. Non c’è alternativa". Una rivelazione sconvolgente che arriva in un momento felice della sua vita, sta per diventare nonna. E’ proprio negli affetti, quelli familiari e professionali, che Anna trova forza e grinta per superare il dolore, quello fisico e quello psicologico che si prova nel vedere il nostro corpo mutilato: " Martedì 20 gennaio 2004. Ho sogguardato da un lembo sollevato del cerotto la mia ferita ed ho provato un senso di repellenza, di repulsione, di orrore uniti all’angoscia, al dolore e all’acquisizione di un senso reale di diversità e di perdita di una fisionomia che non avrò mai più.

Tutti si impegnano a dire, per consolarmi, che fra un anno o più sarà tutto superato, mi costruiranno un seno nuovo e più bello, certo sarò stupenda!!! Che schifo!". Percepire il suo corpo diverso, sfregiato, equivale a sentire alterata la propria femminilità. Anche questo, Anna, confida al suo diario. Il duro ciclo di terapie che seguono l’intervento chirurgico, le tolgono i capelli, un altro cambiamento difficile da accettare. Dolore, speranza, coraggio.

Anna ha scritto molto negli anni della malattia. Scrivere è terapeutico, si sa, ma può esserlo anche leggere di esperienze simili alle nostre. Condividere dolore e speranza pensando che possa essere d’aiuto ad altri. Questo pensa Anna quando comincia a scrivere. Il lieto fine, la scomparsa del cancro, la induce poi a concludere il suo diario con la "Lettera a una donna", affinchè altre, scoprendosi malate, non si sentano vinte, ma combattenti. Non dimentichino mai che si è donna completa sempre, nonostante le trasfigurazioni imposte dalla malattia.