Muretto con le pietre di Corso Italia I giudici a Farsetti: "Va demolito"

Anche il Consiglio di Stato dà torto all’ex geometra del Comune che aveva utilizzato i lastroni sottratti dal deposito per abbellire la recinzione e una parte del garage della sua villa a Mugliano

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di Federico D’Ascoli

Adesso anche il Consiglio di Stato, il secondo grado della giustizia amministrativa, gli ha dato torto. Ricordate il geometra Maurizio Farsetti? Era il funzionario dell’area manutenzione del Comune di Arezzo che nel 2007 finì agli arresti domiciliari perché aveva usato le pietre del selciato del centro storico di Arezzo, in particolare quelle di Corso Italia e piazza Grande, per abbellire un muretto e una parte del garage della sua villa a Mugliano.

Dal punto di vista penale la vicenda era già arrivata al capolinea. Cinque anni fa la Cassazione lo condannò in via definitiva a tre anni per induzione alla corruzione e peculato: i suoi guai erano iniziati dalla denuncia dell’allora sindaco Giuseppe Fanfani. In un esposto del 2007 informava che dai depositi comunali erano sparite diverse pietre usate per il selciato del centro storico e poi sostituite con altre più nuove.

Pietre che la Digos di Arezzo, dopo una rapida inchiesta, individuò come quelle utilizzate per decorare il muretto di cinta di casa Farsetti. Gli inquirenti rintracciarono anche l’imprenditore che le aveva prelevate dai magazzini comunali. Cadde dalle nuvole: "Io ho solo seguito il mandato del geometra", si difese. E raccontò anche di come il funzionario avesse fatto intendere a lui e ad altri colleghi che se volevano continuare a rimanere nell’elenco delle ditte per le gare a chiamata diretta del Comune (era Farsetti a seguirle direttamente) avrebbero fatto meglio a fargli sostanziosi sconti nei lavori alla villa. L’inchiesta portò alla luce una serie di sconti dalle ditte che ristrutturarono l’immobile di Mugliano: ribassi che superavano i 200 mila euro complessivi.

Alla luce delle sentenze penali e amministrative sempre contrarie al geometra, il Comune di Civitella, dove per poche decine di metri si trova la villa del tecnico, aveva ordinato di demolire tutte le opere frutto della sottrazione delle pietre. Contro l’ordinanza l’ex funzionario di Palazzo Cavallo si appellò al Tar della Toscana che però dette ragione su tutta la linea all’amministrazione comunale. Era il 2010: sono passati dieci anni dalla prima pronuncia: solo nel settembre scorso i giudici del Consiglio di Stato hanno preso in esame il caso e confermato la sentenza del Tribunale amministrativo di primo grado.

Nel frattempo il muretto e parte del garage sono entrate a far parte del patrimonio del Comune (condizione necessaria per poterli buttare giù). L’amministrazione civitellina adesso potrebbe dare corso alla sentenza del Consiglio di Stato.