Muore a 50 anni in moto: ragazzi si fanno selfie davanti al corpo, la rabbia del medico

"Vergognatevi" gli ha gridato. E loro si sono dileguati. L'incidente a Tavernelle di Anghiari contro un camion: in strada i segni della disperata frenata

I soccorsi e, nel riquadro, la vittima

I soccorsi e, nel riquadro, la vittima

Arezzo, 28 giugno 2018 - Uno schianto terribile, di quelli che non lasciano scampo, con la moto piegata a terra dopo l’impatto con l’autotreno. E un seguito assurdo: due ragazzi che si facevano un selfie davanti al morto durante le operazioni di soccorso. Anghiari ora piange una persona molto conosciuta, Stefano Pasqui, 51enne titolare dell’Euromarket, il frequentatissimo supermercato che si trova al Campo alla Fiera, nella parte alta del paese.

E piange anche il crollo di qualsiasi valore, davanti a due ragazzi che di fronte ai soccorsi trafelati, disperati del 118 non hanno trovato di meglio da fare che armarsi di cellulare e scattarsi delle foto sullo sfondo di una tragedia che ha segnato il paese.

La rabbia è stata quella del medico. «Ero accanto al corpo - ha raccontato - mi sono girato e cosa ho visto? C’erano due ragazzi col telefonino in mano che si facevano un selfie sulla scena dell’incidente o comunque stavano riprendendo i nostri tentativi di soccorso. Ho urlato, ma costa state facendo? non vi vergognate? Andate via, di corsa». Una scena surreale, lo specchio dei nostri tempi, dove tutto è un reality, dove tutto si può filmare in diretta anche a spregio del dolore e della sofferenza

Il dolore di una famiglia straziata. Stefano Pasqui ha perso la vita ieri, giorno di riposo, lungo la Libbia poco dopo Tavernelle, per chi sale in direzione della Scheggia. Erano le 16.45 quando Pasqui, in sella alla sua Honda Hornet 900, ha completato la discesa per poi rientrare ad Anghiari: il tempo di attraversare Tavernelle e sarebbe risalito in centro. Nell’opposta corsia procedeva un autoarticolato Volvo 500, intento a girare a sinistra, sulla strada che conduce al castello di Galbino e a Libbiano.

La dinamica è al vaglio dei carabinieri di Anghiari, che hanno effettuato i rilievi assieme ai colleghi di Pieve, ma certa è una cosa: mentre il mezzo pesante aveva impegnato anche l’altra corsia per la manovra di svolta si è verificato il tremendo impatto con la moto, risultato fatale a Stefano Pasqui, morto sul colpo. Vi sono segni di frenata della Honda fino a una decina di metri dalle ruote del camion: da quel momento in poi la vittima avrebbe perso il controllo della moto, andata a sbattere dopo aver strisciato e a nulla sarebbe valso il tentativo di liberarsi da parte di Pasqui; evidenti anche le tracce lasciate dalla moto sullo pneumatico di destra del Volvo.

La notizia ha fatto il giro del paese e subito parenti e amici sono corsi sul luogo dell’incidente; quello di Stefano era un volto familiare, non soltanto per il lavoro che svolgeva: aveva anche un passato da dee-jay e non disdegnava, quando si presentava l’occasione, di rispolverare la sua passione per la musica. Lascia nel dolore la moglie Asselle e due figlie ancora in tenerissima età. La salma è adesso nella camera mortuaria dell’ospedale di Sansepolcro, a disposizione dell’autorità giudiziaria che disporrà la ricognizione cadaverica. Il traffico sulla Libbia è rimasto bloccato per un paio d'ore.

Gli autori dei selfie sono spariti molto prima. «Per fortuna - ha continuato il dottore, che presta servizio al pronto soccorso di Sansepolcro - se ne sono andati subito». E’ lo stesso dottore che racconta di come, al pronto soccorso, amici o conoscenti di una persona ferita abbiano chiesto di entrare nella sala delle medicazioni per filmare in diretta cosa si stava facendo lì dentro, naturalmente respinti con fermezza dagli operatori sanitari.

E’ di pochi giorni fa la notizia di un giovane fermato alla stazione di Piacenza: si era fatto un selfie davanti a una donna investita da un treno, alla quale successivvamente sarebbe stato amputato un arto. La Polfer, in quel caso, ha costretto il ragazzo a cancellare lo scatto mentre non si è potuto procedere contro di lui perché il fatto non costituisce un reato.