Morti all'Archivio: mille all'addio a Bruni, Vescovo: "Raccogliete il suo testimone" /FOTO

Emozione a San Pietro e Paolo. Il ricordo dei ragazzi e quello degli amici, il silenzio del ministro. La nipote: "Zio, non siamo pronti a lasciarti". Oggi la cerimonia per Bagni

I funerali di Piero Bruni

I funerali di Piero Bruni

Arezzo, 26 settembre 2018 - «La morte non ha più potere su di lui»: Monica, la moglie coraggio di Piero Bruni, una delle due vittime del gas all’Archivio di Stato, legge personalmente il brano di San Paolo. Raggiunge l’altare inchinandosi per un istante davanti al’uomo che ha perduto. E scandisce quella frase con una forza che fa correre un brivido nella chiesa. Una chiesa strapiena, oltre mille persone, parecchie costrette a seguire i funerali dal piazzale. Già un’ora prima in tanti avevano cominciato a confluire in quell’angolo di Marchionna.

Tanti a piedi, nello stile di un quartiere sospeso tra la città e la campagna. «Grazie per averci cresciuto e amato come tuoi figli». La carezza dei ragazzi sfiora la cassa, appoggiata in terra, come lui avrebbe voluto. «Zio, non siamo preparati a lasciarti andare» esclama la nipote mutuando il sorriso di Piero. I saluti si incrociano ai saluti. Il ministro Alberto Bonisoli, arrivato in largo anticipo da Roma, segue tutto con attenzione: e alla fine abbraccia la moglie e i figli. Alle sue spalle i dipendenti dell’Archivio di Stato, compreso il direttore Claudio Saviotti, visibilmente provato dal dolore.

E c’è colei che era stata tra le prime a dare l’allarme: un ricordo affettuoso e poi la preghiera degli alpini, corpo nel quale Piero Bruni aveva militato. Una cerimonia infinita ma in punta di piedi. Il Vescovo si riserva un saluto all’inizio, poi si siede, per lasciare la guida al suo parroco, don Ivan Marconi. «Ragazzi, raccogliete il testimone di vostro padre» dice, rivolgendosi direttamente a Matteo e a Simone.

«Vostro padre aveva scelto di fare servizio, portare la comunione agli ammalati, conservare le memorie più preziose del passato. Raccoglietene il testimone». Ma un appello, senza buonismi, lo fa a tutti.

«Non abbandoniamo questa famiglia: bene riempire la chiesa ma dovremo anche riempire la loro vita e quel posto a tavola che ora resta vuoto». Ma vuoti non ce ne sono nella chiesa della Marchionna, la cui struttura già somiglia a quella di un abbraccio. Il coro che aveva provato fino a tarda notte l’altra sera, la compagnia di San Donato della quale Piero era parte, tutte le autorità, sindaco in testa.

Il popolo di Sant’Andrea, rettore e cavalieri in testa, perché Matteo, il figlio di Piero, è uno di loro. «Era bello stare seduti intorno a te a sentirti parlare di storia» ricordano i ragazzi. E di colpo si apre un altro libro, un’altra chiesa, più allegra di quella di ieri ma a quella di ieri legata a doppio filo. «Avrai fatto polemica arrivato lassù, avrai detto: ma ora Monica, Matteo, Simone, come faranno» sussurra la nipote, quasi sul filo di quelle giornate per ora perdute.

«Rimarrai per sempre nel cuore della tua famiglia parrocchiale» scandiscono gli amici più grandi. «Perché questa Monica è la tua famiglia vero?» dice chi legge, abbandonando un attimo il foglio. Lei annuisce ma nessuno ne dubitava: e l’abbraccio, uno dei tanti della giornata, suggella il patto. Il ministro segue in silenzio fino alla fine. «C’è un momento per parlare e uno no» spiega con cortesia.

Un applauso, un lungo applauso saluta l’uscita di Piero dalla navata, il suo ultimo viaggio verso il cimiterino di Staggiano. La folla si scioglie ma in tanti oggi risaliranno la città per un altro addio: a Filippo Bagni, la seconda vittima del gas. Alle 10.30, in Cattedrale: ancora il saluto del Vescovo, ancora il ministro, la Messa stavolta celebrata da don Alvaro Bardelli. Quasi una settimana fa Filippo era lì, in preghiera prima del lavoro, prima della morte. Che forse non avrà potere: ma di certo morde e fa male, mai come in queste ore.