Morte di Martina, neanche il perito scioglie il giallo delle intercettazioni choc

"Non ci sono segn di violenza sessuale nè testimoni" si dicono tra loro i due accusati; ma il contesto resta nebuloso. Incertezze nei punti critici

Martina Rossi

Martina Rossi

Arezzo, 18 agosto 2017 - Alessandro e Luca, i due ragazzi di Castiglion Fibocchi accusati di aver provocato la morte di Martina Rossi mentre cercava di sfuggire a un tentativo di stupro, si dissero effettivamente che non c’erano tracce di violenza sessuale in un momento in cui nessuno la ipotizzava ancora come il movente del tragico volo della studentessa genovese dal sesto piano di un grande albergo di Palma di Maiorca, ma il contorno della frase resta nebuloso.

Sì, neppure il perito Daniela Bordet, che ha appena depositato la trascrizione delle intercettazioni fra i due nell’anticamera della procura ligure in cui venivano sentiti come testimoni, scioglie il mistero delle frasi che vennero scambiate: troppe parole restano incomprensibili, troppe parti di conversazione sono impossibili da decrittare persino con l’orecchio e gli strumenti dell’esperta. La ricostruzione del colloquio, dunque, resta a metà fra la nettezza accusatoria con cui l’aveva rimesso insieme la trasmissione Chi l’ha visto? e la prudenza del primo brogliaccio della polizia genovese.

Toccherà agli avvocati difensori, a quelli di parte civile e al procuratore capo Roberto Rossi che ha assunto personalmente l’accusa darsi battaglia davanti al Gip Piergiorgio Ponticelli alla ripresa dell’udienza preliminare.In gioco c’è appunto il rinvio a giudizio per morte come conseguenza di altro reato e tentata violenza sessuale di Alessandro Albertoni, studente e campione di motocross, e Luca Vanneschi, piccolo imprenditore.

La conversazione, una delle chiavi del processo, viene intercettata negli uffici giudiziari di Genova il 7 febbraio 2012, a sei mesi di distanza dalla morte diMartina, il 3 agosto 2011. In quel momento l’ipotesi investigativa è quella di un festino a base di spinelli finito male. Alessandro, il più scafato, appena uscito dal colloquio con i poliziotti, parla con Luca per 15 secondi: «Alò (sospira) quattro e venti (l’ora Ndr)...i nostri se ne staranno un po’ (incomprensibile)».

Vanneschi replica: «Sarà dura». Albertoni: «Questa cosa qua (incomprensibile) pubblicità...è un casino perchè...gente, dopo queste cose...c’è le foto...di tutte queste cose (incomprensibile) c’è scritto su (incomprensibile) che non ci sono...non ci sono riportati segni di violenze». Vanneschi domanda: «Di violenza sessuale?». Albertoni risponde: incomprensibile...segni evidenti (parla molto sottovoce, incomprensibile) ha detto che non ci sono...non ci sono violenze sessuali...io so...da pazzi».

Quel «Io...so da pazzi» nella trascrizione di Chi l’ha visto? (ma non nel brogliaccio) era diventato “Bono anche questo cazzo», che pareva quasi un’autoaccusa. Sembra dunque un piccolo punto a favore dei ragazzi, ma resta il riferimento alla violenza sessuale: perchè parlarne se nessuno l’aveva contestata? Come facevano i due a saperlo?

E poi la parte civile non molla: la frase va letta nel contesto dei gesti: Alessandro esulta col pugno nel dire che non ci sono segni. Come uno che l’ha fatta franca. E’ davvero così? O è un’esagerazione? Di certo Alessandro mette le mani avanti: «Ma chi è il testimone, non c’è...». Come a dire che nessuno, tranne loro, possiede il segreto di cosa sia successo.