LUCA AMODIO
Cronaca

Morte di Helenia, i quesiti della Corte ai periti

La richiesta è capire se l’uomo alla guida dell’altra vettura fosse sotto l’effetto di sostanze psicotrope e gli eventuali effetti

Helenia Rapini morta in un incidente a Ristradelle

Helenia Rapini morta in un incidente a Ristradelle

Periti incaricati e due nodi da sciogliere. Se l’imputato soffrisse di qualche patologia che potesse alterare le sue capacità di guida (e se ne fosse consapevole); e capire se avesse assunto dei farmaci o delle sostanze psicotrope che potessero influire sulla sua capacità di guida e in quale misura. Questo chiedono i giudici fiorentini della corte d’Appello al medico legale Brunero Begliomini e al tossicologo Guido Mannaioni. Così potrebbe arrivare la svolta nel caso Helenia Rapini, la volontaria Enpa di 29 anni morta in un incidente stradale. Il 6 dicembre del 2019 un Suv invase la corsia su cui viaggiava la ragazza che morì sul colpo. Non ci fu nulla da fare, ogni tentativo fu vano. Il caso si risolse con un’assoluzione al tribunale di Arezzo ma poi il procuratore Roberto Rossi impugnò il fascicolo sulla sollecitazione dell’avvocato Francesco Valli, incaricato dalla famiglia della vittima. Via con l’Appello con la prima udienza a fine del 2024. E così dalle aule di palazzo di Giustizia di Firenze arriva la decisione di varcare il Rubicone, seppur dopo diverse udienze che si sono concluse con una fumata nera nelle settimane passate. Sì perché non si trovava un perito che potesse far luce sulle condizioni di salute dell’uomo alla guida. Alla fine gli interrogativi ruotano attorno ad aspetti tecnici e specifici su cui si susseguì un’autentica guerra di perizie tra le parti in causa nel procedimento.

Secondo gli avvocati della difesa, Davide Scarabicchi e Giulia Brogi, il 49enne è affetto dalla sindrome delle apnee ostruttive del sonno che gli avrebbe causato, per l’appunto, un colpo di sonno. E per questo poi si sarebbe schiantato con l’auto che stava guidando Helenia, uccidendola. La teoria è stata supportata dal professor Pasquale Macrì, incaricato dalla difesa, e dal professor Piero Guido Ciabatti, nominato dal tribunale. Si tratterebbe di una malattia di cui l’uomo non sapeva di soffrire ma che si è manifestata quando era alla guida in quella strada di Ristradelle Una sindrome che vale come scriminante nel procedimento penale. E da qui l’assoluzione. Il verdetto non ha però convinto la famiglia che tramite l’avvocato Valli ha fatto leva sull’esame del professor Tommaso Todesco che spiegò a suo tempo che la causa del sinistro era in realtà da condurre all’assunzione di un sonnifero. Adesso tutto da rifare, si riparte da zero. Ci sarà da fare una quarta perizia, firmata a quattro mani stavolta.