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Cronaca

Mattarella: Moggiona è in fermento Camaldoli gli donerà il primo Codice

L’eliporto costruito per papa Wojtyla atterraggio più probabile: gli abitanti pronti ad aspettarlo per salutarlo. Ma resta l’ipotesi alternativa di Metaleto. All’arrivo ci sarà solo il Prefetto per accompagnarlo al monastero.

Mattarella: Moggiona è in fermento Camaldoli gli donerà il primo Codice

di Alberto Pierini

AREZZO

Non hanno un eliporto: ne hanno due. E sono tutti e due a ridosso del cimitero, piccolo, proporzionato ad un paese che conta meno di cento abitanti. Due aree di atterraggio che risalgono al 1993 e sono legate ad un solo nome: Giovanni Paolo II.

"Sì, furono costruite allora, venerdì potrebbero accogliere il secondo personaggio". Vinicio Piombini è il presidente della Pro Loco di Moggiona, un paese in fermento, sia pur con i ritmi lenti della montagna, per il possibile arrivo del Presidente della Repubblica. "Ma per ora ci hanno detto solo che saremmo il piano B e quindi non abbiamo avuto modo di organizzarci".

In realtà sembrerebbe la soluzione più probabile. Ma in effetti resiste ancora l’ipotesi di Metaleto. Che è lì, a poche centinaia di metri dal monastero: non un paese ma in sostanza un vivaio, da cui faresti fatica ad aspettarti chissà che festa. Siamo a poche ore dalla giornata di Camaldoli: è lì che Sergio Mattarella è atteso venerdì, alle 16 in punto.

Che sia Moggiona, il borgo che per una volta all’anno si affolla per la sagra del porcino, o sia Metaleto, ad aspettarlo ci sarà comunque il Prefetto Maddalena De Luca. Sarà lei ad accompagnarlo, naturalmente in auto, nell’ultimo tratto, quello fino al monte della spiritualità. Breve, brevissimo nel caso di Metaleto, un po’ più lunghetto in quello di Moggiona, tra le curve a gomito che portano al Montanino e poi alla via di Camaldoli.

"Se arrivasse qui una piccola accoglienza la organizzeremmo" spiega Piombini, senza illudersi troppo. I classici fiori, un bambini a consegnarli? "Qui a Moggiona di bambini non ce ne sono ma il presidente è il presidente".

E la memoria torna a quel 1993, l’atterraggio di Giovanni Paolo II, l’avvicinamento fino a Camaldoli, la salita all’eremo. Stavolta sarà tutto molto più concentrato. Mattarella torna alle radici della sua vita politica: non personale, all’epoca del Codice di Camaldoli aveva due anni, un po’ pochini per incidere, ma storica. Quel Codice aveva disegnato in parte il Paese che sarebbe stato, soprattutto nella sua matrice sociale. Non a caso ha scelto di accettare l’invito dei monaci.

E della Cei, che organizza l’evento e lo aprirà con il cardinale Zuppi, ancora una volta nell’aretino di ritorno da una missione di pace: un mese fa da Kiev e stavolta da Washington. Mattarella lo ascolterà, poi visiterà la mostra su quell’evento di 80 anni fa e saluterà i monaci. Che in cambio gli consegneranno un regalo prezioso: la prima stampa del grande protagonista, il Codice di Camaldoli. Da portarsi con sè in auto e poi in elicottero, nel viaggio a ritroso per tornare a Roma. Al suo fianco ancora il Prefetto, meta la stessa dell’arrivo.

O la Metaleto dei vivai ma senza un solo residente ad accoglierlo. O la Moggiona del piccolo borgo che lo aspetta, anche solo per un piccolo saluto, per un applauso, per il mazzo di fiori dal bambino che non c’è. Per rivivere l’emozione di quasi trent’anni fa, il 17 settembre del 1993, quando il portone dell’Eremo aveva girato sui cardini davanti ad un Papa. Quando il piccolo eliporto di fianco al cimitero era stato per pochi secondi il centro del mondo.