"Non fu stupro, assolvete Alex e Luca": Martina, difese diverse ma lo stesso appello

Buricchi chiede la formula piena, Baroni si accontenta della dubitativa. Chiave la cameriera spagnola, poi linee divergenti. I danesi, l'urlo, il muretto, le intercettazioni

Martina Rossi

Martina Rossi

Arezzo, 11 dicembre 2018 - La conclusione era scontata (se è mai visto un difensore che chiede la condanna?), meno che i due avvocati dei ragazzi di Castiglion Fibocchi accusati per la morte di Martina ci arrivassero per strade completamente diverse e anche con richieste diverse. Perchè se Stefano Buricchi, per Luca Vanneschi, chiede l’assoluzione con formula piena per entrambi, Tiberio Baroni, per Alessandro Albertoni, si accontenta anche di quella dubitativa del secondo comma, la vecchia insufficienza di prove.

E alla fine quasi scarica il coimputato, lasciando intendere che cosa sia successo nella stanza quando Luca era solo con la ragazza lo sa soltanto lui. Dire che la mattinata era cominciata con un Buricchi impegnato in una difesa a tutto campo, con gli argomenti classici sfoderati in tutto il processo, anche se lo scenario del suicidio resta smorzato e sullo sfondo.

Il primo jolly è naturalmente la cameriera spagnola, Francisca Puga, che è l’unica testimone oculare e che giura sulla caduta volontaria. Segue la frenata decisa sul racconto dei testimoni chiave dell’accusa, i danesi vicini di stanza: l’urlo che hanno sentito e che il procuratore Rossi attribuisce alla ragazza sarebbe invece della cameriera che scopre il corpo dopo il volo, di conseguenza i passi concitati giù per le scale non potrebbero essere di Albertoni che si precipita giù ma di qualcun altro in una fase successiva.

E sull’altro indizio forte dell’accusa, la ragazza che cade con indosso solo le mutandine, l’avvocato tira fuori le dichiarazioni per rogatoria del portiere di notte che dice di aver rimproverato una delle giovani genovesi perchè girava in intimo per l’albergo. Come a dire che non è una prova dello stupro.

Fuoco di sbarramento anche su un altro asso di procura e parte civile, le intercettazioni dei due ragazzi che esultano perchè non sono emerse tracce della violenza sessuale in un momento in cui ancora nessuno ne parlava. Albertoni - spiega forte della rilettura fatta dai consulenti fonici della difesa - lo dice all’amico perchè lo ha appena letto nel fascicolo che la poliziotta gli ha lasciato aperto sul tavolo. Finale inevitabile: assolveteli perchè il fatto non sussiste, non lasciate che la vita di questi ragazzi sia rovinata dal tarlo del dubbio.

Il collega Tiberio Baroni promette che se la caverà in un quarto d’ora, ma in realtà va avanti per due ore e mezzo in un’arringa nella quale affastella argomenti su argomenti, dal processo mediatico che avrebbe condizionato quello in aula (c’è spazio anche per un attacco a stampa e Tv) agli affondi contro il Pm genovese Biagio Mazzeo, che ha svolto la prima parte delle indagini.

Il primo elemento a discarico di Baroni è la mancanza di tracce di Dna sugli short di jeans che i due avrebbero sfilato a Martina: dov’è allora il tentativo di stupro? E poi, ricorda, ci sono le dichiarazioni della cameriera che sono insuperabili. A seguire il cellulare della studentessa, che poteva dare indizi importanti ma di cui il Pm Mazzeo dispose la restituzione alla famiglia. L’altra metà del caso Martina, insomma, quella nella quale la ragazza non è morta per sfuggire a un tentativo di stupro. Basterà a convincere i giudici? Venerdì la sentenza.