di Lucia Bigozzi Dei suoi 80 anni che compie oggi, ne ha passati 65 a cesellare gioielli, perfino manufatti preziosi per tre Papi – Giovanni Paolo II, Benedetto XVI, Francesco - e ancora oggi dice "non ho intenzione di smettere" perché il mestiere ce l’aveva dentro da bambino e perché "non avrei potuto fare altro che l’orafo artigiano". E’ la manualità la "cifra" di Alano Maffucci (ex presidente degli orafi di Confindustria e ‘colonna’ di Confartigianato-Anap) che esprime l’arte attraverso creazioni uniche, come il Diadema di Elena di Troia che mostra, fiero, nello stand-laboratorio di Confartigianato a OroArezzo dove ha fatto vedere a buyer di tutto il mondo, giovani e appassionati "come nasce un gioiello fatto a mano che ora donerò alla mia città". Un compleanno "gold" è il caso di dire. Come è iniziata la sua storia? A quindici anni frequentavo la scuola orafi del Magaritone dove ho avuto insegnanti straordinari ai quali devo molto. Sono nato in una famiglia di artigiani, la manualità è sempre stata una predisposizione naturale e una passione vera, anche se il mondo è cambiato e ora si preferisce puntare più sulla tecnica. Dal Margaritone alla grande scuola dell’UnoaErre. Che esperienza è stata? In UnoaErre sono entrato nel 1959 e ci sono rimasto diciotto anni. L’azienda era alla ricerca dei migliori diplomati alla scuola orafa e io avevo la media dei voti più alta. Ma c’era un trucco… Quale? Per Natale mi ero fatto regalare dai genitori un banchino orafo sul quale mi esercitavo tutti i pomeriggi a casa, dopo le lezioni. Sono entrato in UnoaErre come apprendista e sono uscito scalando i gradini della carriera fino al ruolo di responsabile dei campionisti e ricercatore su varie tipologie di catene. E’ stata un’esperienza importante e indimenticabile negli anni ruggenti di Arezzo città internazionale dell’oro. Poi il salto ...
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