"Le mani della Piovra sulla provincia": Regione, l'assessore Ciuoffo accusa

Risponde ad una domanda della Lega: «Clan attivi negli appalti pubblici e nel riciclaggio. Forti presenze di camorra e ’ndrangheta». Dai movimenti terra ai giorni nostri

L'assessore Ciuoffo

L'assessore Ciuoffo

Arezzo, 8 luglio 2021 - L’allarme lo lancia in consiglio regionale l’assessore toscano Stefano Ciuffo, rispondendo a un’interrogazione del consigliere aretino della Lega, Marco Casucci: Arezzo è una provincia con profonde infiltrazioni mafiose, quella che conta più sequestri di beni negli ultimi anni, al di sopra anche di Pistoia, Prato e Pisa.

Casucci replica parlando di quadro inquietante, ma per qualunque osservatore avvertito dei tentacoli della Piovra, non è affatto una sorpresa. Camorra e ’ndrangheta, molto meno Cosa Nostra, sono arrivati in provincia di Arezzo a partire dagli anni ’80, in parte con alcuni soggiorni obbligati eccellenti, ma soprattutto con i lavori di movimento terra della Direttissima ferroviaria Firenze-Roma, che finirono spesso nelle mani di ditte contigue alla crininalità organizzata di stampo mafioso.

E da allora le infiltrazioni si sono moltiplicate. Anche con episodi eclatanti, come fu nel 2007 il delitto Talarico, due fratelli uccisi e sepolti in un bosco nel comune di Terranuova, una delle zone in cui si avverte maggiormente la presenza della Piovra. Omicidio mai risolto, legato a dinamiche interne alle ’Ndrine calabresi, che gli inquirenti non sono mai riusciti a dipanare.

Più recente la sparatoria da Far-West in una strada di Meleto Valdarno, comune di Cavriglia, in cui rimase fulminato l’8 dicembre 2009 un altro personaggio calabrese, Raffaele Andreacchio, protagonista di una spedizione punitiva finita male.

L’eccezione, non la regola, perché le mafie ad Arezzo e in Toscana vengono a investire, a riciclare i soldi dei loro affari, non ad ammazzare per il controllo del territorio, come ha ricordato anche Ciuoffo.

La presenza quindi è di solito discreta, perché far fruttare i «piccioli» richiede silenzio e capacità di muoversi fra l’economia lecita e quella illegale. Ne è un esempio l’appendice locale della grande indagine sullo smaltimento degli scarti della pelle del distretto conciario, che avveniva parzialmente a Levane nell’impianto della famiglia Le Rose (arrestati padre e figlio) in cui si servivano anche alcune grandi aziende orafe aretine.

Per dire come il confine sia labile. Del resto, anche di recente è stata denunciato l’utilizzo di keu per la costruzione della strada provinciale di Piantravigne, proveniente dalla discarica di Podere Rota, a Terranuova