La rivolta dei precari: tensione e proteste per le nomine, arriva la polizia, poi l'intesa

Insegnante: «Di qui non mi muovo». Chi rinunciava era escluso anche da altre graduatorie, poi dietrofront sulle assegnazioni. Ore di attesa al Praticino per accedere

I precari della scuola

I precari della scuola

Arezzo, 17 settembre 2020 - «Siamo qui da stamattina, ore sotto il sole». Tutto per dire no ad una cattedra: o meglio per avere il diritto di rifiutarla e non essere per questo esclusi da tutte le graduatorie. Al Praticino, davanti a quella che una volta era la porta della Corte di Assise, va in scena l’ennesima rivolta dei precari. In un quadro sempre più surreale. Perché a scuola mancano ancora centinaia di cattedre, almeno in base alle stime generali.

Eppure le nomine faticano ad essere completate. Una trama annunciata: quando il ministero aveva fatto scivolare le domande di ingresso in graduatoria ad agosto, era chiaro che la macchina prima o poi si sarebbe inceppata. Malgrado il provveditorato abbia pressoché azzerato le ferie, malgrado l’impegno di tutti. I controlli affidati alle segreterie delle scuole, una scelta di emergenza, una delle tante di un’estate difficile da dimenticare.

Poi nei giorni scorsi lo stop alle convocazioni ma anche alle cattedre che erano state assegnate. Le convocazioni a distanza fanno cilecca, la macchina delle deleghe si è inceppata.Quindi? Ecco il bis in presenza. Nel teatro vasariano, uno degli spazi più grandi in città, scenario qualche anno fa di una bellissima mostra della Chimera. Ieri, davanti a centinaia di precari arrivati da tutta la provincia, ecco l’ennesimo ostacolo.

Un’insegnante si rifiuta di accettare una cattedra ma al tempo stesso anche di rifiutarla. Motivo? Se lo avesse fatto sarebbe stata depennata non solo dalla graduatoria alle elementari ma perfino da quella su sostegno e infanzia, che è un comparto unico: in pratica uscendo con un pugno di mosche in mano, «Di qui non mi muovo se non mi spostano i carabinieri». Al posto dei carabinieri arriva la polizia, chiamata in aiuto dai precari.

Un paio di agenti, che con tratto umano affrontano la strana emergenza nell’ex corte di assise, prendendo i nomi e cercando di ricostruire i fili dell’ordito. Ieri tutto intorno ad un punto. «Abbiamo rifiutato la proposta, non è giusto essere costretti ad accettare una cattedra purché sia interrompendo la continuità su classi comunque senza insegnante».

Ilenia Pacini e Cristina Blasi all’uscita vengono applaudite a scena aperta: anche se non hanno ancora alcuna cattedra. Ma il popolo dei precari riconosce a loro, e alla maestra che aveva cominciato la battaglia, di aver ottenuto un dietrofront. Chi rifiuta a questo punto viene escluso da altre occasioni sulla stessa graduatoria ma non dalle altre. A comnciare dai posti di sostegno.

«C’è un bambino – racconta Ilenia – che seguo da anni: non me la sento di abbandonarlo per un cavillo». E giù nuovi applausi. Mentre dal vasariano i funzionari del provveditorato continuano a convocare gli aspiranti. Gli altri vorrebbero assistere ma non possono, le regole Covid escludono il pubblico non solo dagli stadi. Entrano al loro posto i sindacalisti, da Maurizio Tacconi della Cgil a Brunella Agostini della Cisl ai colleghi di Uil e Cobas.

Il clima diventa a tratti incandescente e non solo perché una parte dell’attesa scorre sotto il sole. «Ci vuole l’intervento della polizia per tutelarci, a questo è ridotta la scuoia quest’anno» lamenta Sara Barili: arriva dal Valdarno, lei come tutti con anni di precariato e di attesa alle spalle. Non sono le ore davanti alla ex Corte d’Assise a preoccuparli.

«Ma possibile – insiste un collega – che perfino quando ci sono centinaia di cattedre si debba pagare un prezzo così alto?». Un banco, di quelli piccoli delle scuole, raccoglie i moduli compilati da chi aspetta. Di tanto in tanto c’è chi esce e chiama un nome. Qualcuno molla prima, stremato. I più resistono. «Qui se necessario ci passo la notte» chiude uno mentre il sole scivola dietro la ex corte di assise