La febbre della pastorizia A scuola qui dalle metropoli

Decolla il progetto delle Foreste casentinesi: ma da anni anche corsi estivi. Ora via alle lezioni, sei allievi selezionati. Vivranno tra allevamenti e pascoli

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di Lucia Bigozzi

E’ un mestiere che va scelto e difeso. Rischia di scomparire, come i pascoli che senza mucche, capre e pecore che li sottraggono alla foresta, potrebbero esserne di nuovo inghiottiti. E’ un ecosistema unico - dalle farfalle ai lupi -, un habitat che custodisce memoria e storie di uomini e donne che allevano animali da generazioni. Pastori da sempre, oggi sono rimasti in pochi. Nei trentaseimila ettari del Parco delle Foreste Casentinesi ci sono poco più di trenta aziende che, nella maggiorparte dei casi, fanno della pastorizia il mestiere di famiglia, difficile da tramandare. Come mantenere presidi di comunità nelle zone montane, un problema vecchio. ormai incamminato verso una deriva inesorabile. Per questo nasce la prima scuola in cui si impara a diventare pastori e allevatori. Le fondamenta sono gli obiettivi del progetto Life (strumento di finanziamento europeo per l’ambiente e l’azione per il clima), le pareti e il tetto sono le lezioni sul campo che gli allievi potranno sperimentare e vivere direttamente nelle aziende che aderiscono all’iniziativa, voluta dall’ente Parco insieme ai partner Regione, Unione dei Comuni montani e Università di Firenze , oltre ad associazioni (Difesattiva, Rete Appia e Slow Food) che collaborano al progetto coordinato da Dream Italia. Da aprile, nei fine settimana, sei allievi selezionati tra quelli che aderiranno all’iniziativa appena lanciata, seguiranno un percorso di formazione per acquisire strumenti che serviranno per diventare pastori e avviare un allevamento.

La parte teorica sarà affidata a docenti universitari, ricercatori ed esperti; quella pratica è fatta della "sveglia al mattino alle 5, la mungitura, il pascolo, la tosattura nelle diverse fasi dell’attività che gli allievi sperimenteranno nei quattro cicli della scuola, fino al 2027" spiega Nadia Cappai, veterinaria del Parco, tra le figure professionali che seguiranno la scuola. Nessun costo a carico di chi deciderà di imparare come si vive in montagna e come si tira su un gregge, con un occhio di riguardo alla gestione del conflitto con i predatori, affrontare l’impatto dei cambiamenti climatici, la biodiversità. La scuola "è una strada, un’opportunità professionale", spiega Luca Santini presidente del Parco che ricorda un altro progetto del quale la scuola per pastori farà tesoro. "Negli ultimi tre anni abbiamo organizzato esperienze estive per volontari interessati a trascorrere periodi nelle aziende del Parco imparando tecniche e gestione di pastorizia. In totale abbiamo avuto venti persone, tra giovani e adulti, molte arrivate da Milano e altre grandi città, intenzionati a radurre in pratica gli studi oppure per mettersi alla prova in un’esperienza di vita totalmente diversa. Due allievi hanno avviare un’attività e cambiato vita". C’è un altro aspetto non secondario che la scuola vuole raccontare e rappresentare: "Rimettere in connessione il mondo rurale della pastorizia con la cultura urbana, perchè i givoani che vivono in città hanno visione abbastanza onirica della vita in campagna o in montagna e quando toccano con mano la realtà si rendono conto che esistono fatica e sacrificio", osserva Santini per il quale l’interazione porterà beneficio "anche ai pastori che possono confrontarsi con visioni diverse".

Due mondi lontani che si incrociano su un altopiano dove gli animali pascolano e la vita ha un altro suono. Un passo lento, a un passo dalla foresta.